A volte, anzi, molto raramente, finito un film ho la strana e quasi fastidiosa sensazione di aver visto qualcosa di perfetto.

Non per forza un capolavoro, a volte nemmeno un quasi capolavoro, ma, "semplicemente", un film perfetto, un film di cui non cambieresti un dialogo, un personaggio, una scena, un film a cui non riesci a trovare un difetto di scrittura, di ritmo, di regia, niente di niente.

Magari ci sono film che ti piacciono anche molto più di questi che però sono film imperfetti e con cose che ti fanno storcere il naso.

After Love no, After love è perfetto.

Una di quelle storie minime che piacciono a me, pure banali le chiameremmo se dentro quel "banale" non ci fosse invece dentro un mondo intero. 


 

Una donna, Mary, presumibilmente inglese ma diventata musulmana per amore del marito Ahmed, è appena tornata a casa e sta preparando un thè.
In una inquadratura ferma (le prime due inquadrature prendono quasi 10 minuti) vediamo lei trafficare in cucina mentre chiacchiera amabilmente col marito che si sta svestendo in camera.

Poi Mary porta il thè ad Ahmed. Lo chiama due volte, lui non risponde.

Nella seconda inquadratura (una lentissima carrellata avanti da campo medio a primissimo piano, una delle mie preferite nel cinema) delle donne piangono vicino a lei, è probabilmente un funerale.
Ahmed è morto.
Poco dopo (forse lo stesso giorno, il film si svolge in davvero poco tempo) Mary scopre sul cellulare del marito dei messaggi strani con un'altra donna.

Un'altra donna che vive in Francia, dall'altra parte della Manica (le vicende si svolgono tra Dover e Calais, o almeno credo).

Mary prende un traghetto per andare a conoscere l'amante del marito.


Ne nasce un film malinconico, delicato, sempre costantemente sotto le righe e trattenuto.

Trattenuto come le emozioni di Mary che, una volta arrivata in Francia, non riesce a dire la verità a Genevieve, accettando addirittura di farle da donna delle pulizie.

Quella scelta apparentemente insensata è in realtà la scelta di una donna profondamente buona che non riesce a trovare il coraggio.

E questo suo prender tempo, questo suo restare in quella casa, la porterà a un viaggio dentro sè stessa, dentro le sue emozioni, dentro i suoi ricordi.

Affrontando piccole prove ma sempre più difficili (trovare le camicie di lui in quella casa, rassettando il letto dove presumibilmente il marito dormiva e faceva sesso con Genevieve e tanto altro).

Il suo dolore soffocato ma meravigliosamente accettato (la dignità di questa donna è straordinaria) creeranno un personaggio fortemente empatico per lo spettatore, l'unico che insieme a lei sa la verità.

Mentre lei trattiene tutto e tenta di tenere insieme tutti i pezzi, però, il suo mondo intorno pare sgretolarsi (in questo senso ho letto la frana che vede nella costiera alla partenza verso la Francia o il tetto che, come una polvere, si sgretola in camera di Genevieve).
Lei finge di restare tutta intera ma - metaforicamente - fuori tutto si sta sgretolando.


 

Avendo perso tutto Mary si abbandona nel mare

Anche perchè la sua era una storia di vero amore, un amore esclusivo, anche "sacrificale" (la scelta di cambiare religione per lui) e una volta perso Ahmed la donna si trova veramente senza più nulla (mantenendo però una forza e una dignità eccezionali).
Ah, la prova di Joanna Scanlan è da brividi. E' un'attrice che avevo già visto in un altro ruolo indimenticabile, quello della madre in quel piccolo grande film che è Pin Cushion, un film che fa male.

Un'interpretazione coraggiosa, con quel suo corpo così grande mostrato anche nudo. 

In questo senso perfetta la contrapposizione tra le due donne, molto grassa una, terribilmente magra l'altra, tutto volto a creare un grande disagio in Mary che, dopo aver visto Genevieve, mette in dubbio tutta la sua storia d'amore, anche dal lato fisico.
La scena, appena citata, in cui si tocca l'addome e si guarda lo specchio è in questo senso davvero emblematica e, se possibile, ci avvicina ancora di più a lei.
C'è grande tenerezza, c'è grande compassione in questo personaggio e in generale in questo film dove, alla fine, tutti sono vittime, Mary, Genevieve, il figlio di quest'ultima, lo stesso Ahmed, vittima per "definizione" essendo morto ma, forse, dico forse, uomo nemmeno così terribile (io non concepisco il tradimento ma nella figura di quest'uomo più che quella di un bastardo che tradiva le due donne ho visto quella di un uomo che provava ad amarle entrambe).

Il film è lineare, realistico, "semplice", eppure, un pò come accade nei film di Fahradi nascosta in quella linearità e semplicità io (anzi, noi tre amici che l'abbiamo guardato) per quasi tutta la durata del film abbiamo avuto una sensazione strana, misteriosa, per cui quel figlio in Francia potesse essere quello perduto di Mary.

Gli elementi in tal senso sono tantissimi.

Il fatto che ci venga accennato che lei abbia perso un figlio (ma non sappiamo quando, come e se il corpo è stato ritrovato), il fatto di come Genevieve lo tratti (per niente materna, anzi, quando lui gli dice di voler andare dal padre lei quasi nemmeno si oppone), alcune scene fortemente simboliche (vedi lo schiaffo che gli dà Mary, uno schiaffo che può dare solo una madre, o la stessa cena che lei gli prepara con un'amore assoluto), l'avvicinamento sempre più forte tra Mary e il ragazzo e la bellissima (e tremenda) scena della chat, un corto circuito incredibile in cui Mary chatta col ragazzo (che noi credevamo suo figlio) fingendosi il padre ancora vivo. Una chat essenziale ma che nasconde infinito amore, da parte di tutti (del ragazzo, di Mary e, da come scrive lui, di quando doveva amarlo il padre).

Eravamo convinti che, in qualche modo, il padre avesse portato il figlio in Francia simulando la morte in Inghilterra.
Poi, però, alcune evidenze (tra tutte le date sulle lapidi) ci hanno fatto capire che era solo una nostra suggestione (che però ci ha fatto vivere il film in maniera ancora più bella).


Il film è girato benissimo, ha inquadrature eccezionali (sia quelle all'aperto, aiutato dal fascino di quei luoghi, sia quelle negli interni), ha 3-4 attori tutti formidabili e non ha mai un momento che pare andare troppo lungo, stancandoci.

Sono quei film che mettono per immagini sentimenti, dolori e traumi in cui quasi ognuno di noi trova un pezzo di sè.

E anche scene minime diventano potentissime, come quando Mary (finalmente) si abbandona ad un pianto disperato, come quando senza accorgersene prepara due thè, come faceva sempre  con il marito (vedi incipit), come quando ascolta ossessivamente l'ultimo vocale di Ahmed (e la immagino lì a chiedersi "ma questo era il messaggio di un uomo che mi amava davvero?), come quel racconto che fa a Solomon su come viveva il suo amore da adolescente, con loro due lontani che si registravano messaggi su musicassette guardando la stessa luna.
 

E la delicatezza di questo film (e di questo autore) si vedono soprattutto in questo confronto tra questa due donne teoricamente "nemiche" (mostrateci poi completamente differenti sia fisicamente sia come classe sociale sia come capacità di essere materne) ma che invece, più che allontanarsi, è come se si riavvicinino sempre di più, unite dallo stesso dolore (quando Mary le si mette vicino a letto è veramente una scena bellissima).
After Love (anche il titolo è top) è uno di quei film che pur raccontando solitudini, dolori, traumi e tragedie (ah, non ho fatto menzione alla figura del figlio ma è davvero la più dolorosa) sembra quasi lasciarci sensazioni opposte, come se ci abbia fatto star bene, come accade per tutti quei film dove i pugni si trasformano in carezze.

E alla fine vedere questi tre esseri umani incamminarsi insieme verso quella scogliera così simbolica, la scogliera da dove Mary poteva veder tornare Ahmed mentre sullo sfondo c'era il suo altro mondo, la sua altra vita nascosta (in Francia) è il finale più bello e poetico che potevamo avere.

E quel drone che partendo da loro si allontana sempre di più mostrandoci tutta la scogliera è qualcosa di eccezionale.

In fondo vediamo una frana, la stessa frana - reale o metaforica che sia - che aveva visto Mary alla partenza.

Ora non resta che ripartire.

Insieme

Sopra la frana.