SETSUKO HARA - LA MUSA DI OZU

L’Asia ha un’autorevole tradizione cinematografica che nasce sotto la forte influenza del teatro kabuki e shinpa e si evolve con alterne vicende storico-politiche in un continuo scambio osmotico con l’Occidente.

Uno dei maestri del cinema giapponese, insieme ai nomi più conosciuti di Akira Kurosawa e Kenji Mizoguchi, è senza ombra di dubbio il cineasta Yasujiro Ozu. Riscoperto all’estero relativamente di recente Ozu è stato in grado più di ogni altro di sviscerare in modo profondo la complessità di un tema sempre attuale come quello dei rapporti all’interno delle famiglie.

Pur essendo considerato “il più giapponese dei registi giapponesi” per il fatto che le storie narrate hanno come teatro principale la tradizione nipponica, Ozu sa affrancarsi dallo stereotipo rendendo il racconto universale, fruibile e comprensibile alle culture più diverse. Se dovessimo raccontare Ozu attraverso un volto femminile non potremmo prescindere da quello della sua musa: Setsuko Hara, la “Vergine Eterna”, come fu definita negli anni ‘40.

Capace di incarnare ogni registro espressivo con estrema facilità, Hara fu probabilmente l’attrice più “occidentale” della sua epoca. James Kirkup la descrisse come la Greta Garbo del Giappone per le sue interpretazioni intense che - citando la bellissima biografia sull’attrice scritta da Claudia Bertolé - «ce la rendono universalmente vicina ma, accostate a una scelta di vita improntata alla più rigida riservatezza, anche inafferrabile, proprio per quel confondersi di affinità e mistero che contribuisce a creare il mito.»

 

L’enigma di Setsuko Hara è l’enigma dei suoi personaggi, costantemente in bilico tra la figura legata alla cultura tradizionale di stampo patriarcale che descrive una donna sobria e remissiva e i nuovi modelli di stampo occidentale.

Figlia, moglie, sorella, la donna interpretata da Hara, accetta lo svolgersi degli eventi, entra ed esce rapidamente dalla scena così come dalla vita, protagonista vera solo nel non detto. I primi piani insistenti durante i dialoghi, la camera spesso posta frontalmente a rendere lo spettatore vero destinatario delle frasi pronunciate, mostrano più volte il sorriso aperto di Setsuko Hara che tanto la rese popolare.

Ma l’enigma è proprio in quel sorriso repentino che appare, come una maschera rassicurante, a nascondere espressioni cupe spesso appena accennate. Le donne di Setsuko Hara sono le donne di Ozu, pilastri granitici di una famiglia sfibrata in cui l’accettazione del destino non è passività alle regole ma, come dice Dario Tomasi, è un “volere per l’altro”.

Nel vuoto della narrazione, nella sospensione degli eventi, quando Ozu lascia fissa la camera all’altezza del tatami nelle sue famose sequenze girate dal basso, Setsuko Hara ricompare a sparigliare le atmosfere. 

L’ambiguità dei suoi personaggi, gli sguardi gelidi che cambiano repentinamente in sorrisi delicati, ampi e accoglienti, ci raccontano un sottotesto che la camera non segue, una storia che ignoriamo ma che è più presente che mai, vera artefice degli accadimenti di cui siamo spettatori.

Si è da sempre dibattuto ad esempio su una scena ormai iconica inserita nel capolavoro di Ozu “Tarda Primavera” (1949) nella quale il regista indugia sull’inquadratura di un vaso. I protagonisti sono una figlia e suo padre, da anni ormai vedovo. Siamo nel dopoguerra e nella trama l’uomo, alle soglie dell’anzianità, finge di avere una relazione per convincere la propria figlia ad abbandonare la casa paterna e a sposarsi. Durante un viaggio a Kyoto i due si fermano a dormire insieme in un albergo. Il regista decide di inserire nella scena alcune inquadrature di un vaso. La critica ha dato le interpretazioni più diverse a questa precisa scelta e tutte dovute in massima parte alle espressioni del volto di Hara prima che che il vaso venga messo in primo piano e dopo.

Si è detto che il vaso sia servito per escludere che si possa pensare ad un rapporto incestuoso tra i due, c’è chi invece ha affermato l’esatto contrario. Un rapporto in qualche modo morboso tra padre e figlia giustificherebbe la resistenza di lei a iniziare una vita autonoma sapendo che il padre vedovo ha una nuova moglie. Altri ancora hanno sottolineato come la riluttanza, a tratti inspiegabile nella trama, della ragazza ad abbandonare la casa paterna possa derivare da una violenza subita dalla giovane durante la guerra. Per non incorrere nelle pesanti forbici della censura dell’epoca Ozu avrebbe lasciato sospesa la questione affidandola solo agli ambigui cambi di tono della recitazione di Setsuko Hara.

Il legame tra il cineasta e l’attrice è profondo quanto avvolto dalla riservatezza più assoluta, costellato da velate insinuazioni e carico di silenzi, quasi a ricalcare nella realtà le dinamiche delle pellicole più Famose portate sullo schermo. Nessuno dei due si sposò mai. Ozu, anagraficamente molto più grande di Hara, visse con la propria madre per quasi la totalità della propria vita. Setsuko Hara è descritta dalle cronache come profondamente devota al regista nonostante in pubblico entrambi si trattassero in modo molto formale e distaccato. In tanti hanno paragonato il loro rapporto a quello del padre e della figlia in Tarda Primavera, fatto di devozione e di una celata e ambigua tensione sessuale.

Un fatto però rimane. Hara ha regalato allo schermo delle donne determinate, fortissime nella loro sobrietà e sottilmente ma inevitabilmente sovversive per la morale dell’epoca e Ozu ha saputo raccontare attraverso di lei alcune delle storie profonde che ancora adesso hanno una valenza importante. Entrambi non avrebbero potuto esprimere la completezza del proprio messaggio senza l’incontro con l’altro. Di lei Ozu disse: «Faccio film da più di vent’anni, ma è raro che un’attrice capisca in profondità ciò che intendo e reciti in maniera superba come Hara

Setsuko. Ritengo infatti senza complimenti che lei sia la migliore attrice cinematografica del Giappone.»

Yasujiro Ozu muore a sessant’anni nel 1963. Nello stesso anno Setsuko Hara, a soli 42 anni, si ritira dalle scene e dalla vita pubblica e si trasferisce a Kamakura, luogo in cui era stato girato Tarda Primavera e nel quale è collocata anche la tomba di Ozu. Muore nel 2015 all’età di 95 anni.

di Francesca Arca