Season of the Devil

Season of the Devil è, in pieno stile Diaz, destrutturazione di un genere. Il musical, in questo caso. Anti-musical per eccellenza, non c'è spazio per la musica, non c'è spazio per la danza. Il canto, qui, è l'unica forma di comunicazione, il parlato è relegato a pochissime, sfuggevoli battute.
Non è una novità, nel cinema di Lav Diaz, il canto. Pensiamo all'inizio meraviglioso di Century of Birthing, con il battesimo accompagnato dal canto di padre Tiburcio; pensiamo alla struggente scena della donna solla nella foresta, di notte, in Melancholia.
Dedicato alle vittime della Legge Marziale istituita sotto il regime di Marcos, Season of the Devil fa "bene ma non benissimo". E, paradossalmente, il "non benissimo" proviene proprio dalle canzoni, caratterizzate, ciascuna, da pochi versi, ripetuti allo stremo, fino a divenire quasi fastidiosi. Sicuramente, dal punto di vista musicale, il punto più alto è raggiunto dal refrain delle canzoni dei soldati (il bellissimo "la la, la la"), sublimato nel finale, nella voce di Hugo.
A proposito del finale, questo si colloca mezzo gradino sotto quello di Florentina Hubaldo, CTE: forte, cattivo, spietato. Come lo è il personaggio di Hazel Orencio, che qui incarna la perfetta antitesi della protagonista, sempre da lei impersonata, del film del 2012: come è stata una meravigliosa Florentina, così è stata meravigliosa nell'incarnare tutto il male della Legge Marziale filippina.