Post Tenebras Lux

Carlos Reygadas, nella narrazione cinematografica, come Claude Monet, nella pittura.
Cosa centrano questi due artisti, così distanti cronologicamente? Entrambi, per vie differenti ma con il medesimo, a mio avviso, modus operandi, ricercano non il reale ma ciò che dietro il reale si cela: l'impressione.
Il regista messicano, infatti, con questo gioiello, Post Tenebras Lux, applica alla narrazione ciò che il pittore francese aveva teorizzato nel 1872 con Impression, Soleil Levant e, in seguito, sviluppato: nel celebre dipinto, infatti, come nei suoi successivi, elimina i contorni delle proprie figure, rifugge il realismo, producendo, così, chiazze di colore che "riassumano" il reale, modellandone l'essenza, ovvero ciò che dietro la facciata della materialità si cela ("l'essenziale è invisibile agli occhi", diceva Saint-Exupéry ne Il piccolo principe, motto che pare ripreso quasi fedelmente da Monet).
Allo stesso modo, Reygadas elimina i contorni, non solo dall'immagine, grazie all'uso frequente di lenti speciali, ma soprattutto dalla narrazione. Lo spettacolo al quale assistiamo è privo di tratti ben definiti, il film è un susseguirsi di chiazze di colore eterogenee che non puntano, proprio come l'arte di Monet, al realismo, narrativo nel caso del cinema: Post Tenebras Lux è un continuo flusso di suggestioni narrativo-visive che si traducono in impressioni.