Il Re Leone

Se non conoscessi a memoria, battuta per battuta, frame per frame, il film originale di Minkoff e Allers, probabilmente avrei apprezzato questo... Vogliamo chiamarlo esperimento? Chiamiamolo esperimento.
Un esperimento che, nella sua spudorata e mai celata natura di operazione nostalgia (indubbiamente il suo pubblico di riferimento sono i bambini di un tempo, chi con Simba, Timon e Pumbaa ci è cresciuto, chi da Mufasa è stato cullato, non certo i bambini di oggi), soffre di tanti, troppi difetti ed incongruenze con la sua stessa indole. Alcuni esempi? Eccoli:
- che senso ha riproporre intere sequenze shot-by-shot identiche all'originale (vedasi l'incipit) per poi storpiarne altre o, addirittura, eliminare completamente momenti estremamente significativi e carichi di simboli come la parata delle iene al cospetto di Scar?
- che senso ha, in un'operazione nostalgia, che come abbiamo visto sopra mantiene intatte alcune cose dell'originale e ne elimina altre, introdurre situazioni nuove, come la (terribile) canzone che accompagna il ritorno di Simba?
- che senso ha modificare tanti piccoli dettagli insignificanti che avrebbero potuto benissimo esser lasciati fedeli all'originale, come l'uso di quelle che parrebbero radici rosse nel battesimo di Simba anzichè quel frutto usato nel film di Allers e Minkoff o l'eliminazione del gigantesco teschio al cimitero degli elefanti?
- che senso ha, infine (ma questa è una critica alla versione italiana), mettere Marco Mengoni a doppiare il Simba adulto?