Chiedimi se sono felice

L'apice cinematografico del trio comico più amato d'Italia, Chiedimi se sono felice, è una commedia agrodolce. Gli elementi fondamentali che la compongono sono i medesimi dei due film precedenti: la solida amicizia tra Aldo, Giovanni e Giacomo, l'amore travagliato per Marina, tensioni interne ed esterne che minano l'equilibrio di partenza (o quello che ben presto si forma, come nell'opera seconda Così è la vita).

Chiedimi se sono felice, però, ha qualcosa in più rispetto ai due predecessori, che pure rappresentano delle pietre miliari per la commedia italiana moderna. Il terzo lungometraggio del trio, ancora una volta diretto dalla mano e dall'occhio delicati e sapienti di Massimo Vernier, vive di pulsioni drammatiche ben più vivide rispetto al passato. Sin dall'inizio, ove la morte fa capolino nelle parole di Aldo che aprono il film, Chiedimi se sono felice traccia il proprio sentiero narrativo attraverso briciole di amarezza che, un po' per contrasto e un po' per complementarità, riescono a far rifulgere i momenti comici con una luce ambigua, cupa e brillante insieme.

A ciò si aggiunga anche l'eccellente finale dall'impronta fortemente metacinematografica che, da solo, meriterebbe una trattazione approfondita. La finzione del cinema si disvela allo spettatore mostrandosi, al tempo stesso, ai personaggi. E pare essere proprio questo, il messaggio ultimo e più importante di Chiedimi se sono felice: tutto è illusione. E davanti all'illusione non ci resta che ridere.