Rafael (Rickson Tevez) e Gardo (Luis Eduardo) vivono in una delle tante discariche di Rio de Janeiro. Un giorno nella spazzatura trovano un portafogli e capiscono subito che le loro vive stanno per cambiare. Infatti arriva ben presto la polizia che promette una ricompensa per chiunque lo troverà. Ma perché Federico (Selton Mello), il violento e corrotto capo dei poliziotti, è così interessato a quell'oggetto? E chi è José Angelo (Wagner Moura), il misterioso proprietario del portafogli? Rafael e Gardo, insieme al loro amico Rato (Gabriel Weinstein) decidono di andare in fondo alla faccenda. Verranno aiutati da Padre Julliard (Martin Sheen) e dalla sua assistente Olivia (Rooney Mara). Ben presto si troveranno invischiati in una intricata vicenda di (tanti) soldi, politica e mazzette. Una storia che potrebbe mettere per sempre fuori gioco il candidato sindaco e cambiare definitivamente la faccia di Rio. Sempre che riescano a sopravvivere. "Trash" è l’opera che mai ti aspetteresti da Stephen Daldry, regista di pellicole quali "Billy Elliot", "The hours" o "The reader". "Trash" è innanzitutto un adrenalinico film d'azione, teso, veloce, secco e tagliente come l'avvincente colonna sonora a base di hip-hop brasiliano che lo accompagna. Si apre con il primo piano di Rafael che sta per sparare a qualcuno e da quel momento non si ferma più trascinando lo spettatore in una continua girandola di colpi di scena, magari alcuni anche forzati e poco credibili, in cui il ritmo non cede mai. I tre bravissimi bambini protagonisti fuggono in continuazione, attraverso le discariche di Rio, i sotterranei delle stazioni, le fogne, le favelas; sino al lungomare e ai quartieri ricchi. Macinano chilometri seguiti da una musica incalzante e da una macchina da presa a mano che non li molla un attimo, accompagnati da una fotografia che esalta i colori ed i contrasti. “Trash” è un film sporco come la spazzatura delle discariche da cui partono i nostri eroi, una pellicola che non indugia quando si tratta di mostrare la brutalità di una polizia corrotta e che non si perde in disquisizioni sociologiche ma procede spedita a tutta velocità. Regia, musica e fotografia sono perfette ma gran parte del merito va ai tre giovani protagonisti (non professionisti). Ancora una volta, come in “Billy Elliot” Daldry dimostra tutta la sua bravura nel dirigere ragazzini e nel saper adottare il loro punto di vista. Così il film assume un tono naif ed anche favolistico in cui le cose si fanno “perché è giusto” e ciò che conta è l’amicizia. Solo nel finale il regista si lascia prendere la mano, allunga un po’ troppo il brodo, fa drasticamente calare il livello di adrenalina e soprattutto esplicita troppo il messaggio che sta dietro il film, ovvero che la rivolta dal basso possa cambiare le cose. Per fortuna neanche questa sterzata retorica ed un finale sin troppo ottimistico in riva al mare, con il sogno di una nuova comunità costruita su valori quali l’onestà ed il calore umano, riescono a rovinare questo ottimo action thriller, sin’ora una delle scoperte più felici di questo Festival.