Vincitore del Premio miglior regia nella sezione Un certain regard del Festival di Cannes 2024.


 

1862, durante la guerra di secessione un manipolo di soldati volontari viene spedito ai confini del mondo a mappare le selvagge terre del Nord Ovest.

I dannati, il primo film di fiction di Roberto Minervini, è una Fortezza Bastiani in movimento.

Se ne Il deserto dei Tartari, l’attesa si consumava tutta all’interno di un luogo chiuso, qui lo stesso sentimento pervade la marcia dei soldati ed ogni loro azione.

Stavolta il nemico, però improvvisamente appare, ma è comunque invisibile, sono spari senza identità provenienti dal bosco.

Forse sono apparizioni, così come i pochi esseri umani che i nostri incontrano.

D’altronde, come specifica lo stesso titolo del film, il destino dei nostri è già segnato.

Per la prima volta Minervini, apparentemente, abbraccia totalmente il cinema di finzione senza tuttavia rinunciare ai caratteri distintivi della sua poetica.

Se i suoi precedenti lavori spesso si muovevano sul crinale che separa la realtà dalla messa in scena, mescolando le carte in prodotti ibridi; stavolta il percorso è esattamente l’opposto.

Gli attori, ad esempio, sono tutti non professionisti; alcuni sono persone che il regista ha conosciuto nelle sue opere precedenti.

I dialoghi sono stati costruiti partendo proprio dalle loro esperienze; ad esempio i protagonisti del precedente Stop the pounding heart (Ferma il tuo cuore in affanno. 2013), discutono del loro rapporto con Dio.

Questa sorta di messa in scena, a partire da frammenti del reale, stride con l’accuratezza con la quale il regista restituisce fedelmente il 1862 quasi la sua fosse una ricostruzione storico antropologica di quell’epoca.

Ma è soprattutto nella centralità della natura che emerge chiaramente l’occhio dell’autore è nella centralità della natura.

Un cavallo abbandonato che cerca disperatamente di liberarsi mentre intorno a lui giacciono i cadaveri dei soldati.

La neve che scende sulle barbe e nelle bocche dei nostri protagonisti, i loro abiti pesanti, i fucili d’epoca, le dita gelate dal freddo.

Il paesaggio innevato, le sterminate praterie dove si potrebbe metter su famiglia.

Ed ancora i boschi ed i crinali dietro i quali si nascondono i nostri nell’unico scontro a fuoco presente nella pellicola, ripreso con la maestria di un vero e proprio action.

La natura è onnipresente ed è la vera protagonista del film, sino alla battuta finale.

Intorno si agitano spettri con il destino scritto in fronte.

I dannati diventa allora un apologo, potentissimo, contro ogni guerra di ogni epoca storica e ad ogni latitudine.

La morte, spesso fuori scena, arriva improvvisa ed assurda, i corpi si accumulano uno sull’altro, stremati anche dalla fatica e dal freddo.

Si perde ogni speranza mentre gli ideali che avevano spinto questi uomini ad arruolarsi perdono di senso.

Si rimane soli, in mezzo al bosco, mentre scende la neve a bearsi di una pace che ha il sapore della morte.

 

EMILIANO BAGLIO