In Italia c’è ancora chi, ostinatamente, crede sia possibile fare cinema di genere, qualcosa di diverso dai film “d’autore” e dalle commedie. In prima linea, da sempre, ci sono i Manetti Bros. Dopo l’esordio con Zora la vampira, il quasi noir di Piano 17, la fantascienza de L’arrivo di Wang e l’horror di Paura, stavolta i due fratelli mescolano le carte, si trasferiscono a Napoli e frullano insieme il poliziesco, i film sulla camorra, i cantanti neomelodici napoletani e la commedia. Al centro della vicenda Paco Stillo (Alessandro Roja) pianista con diploma al conservatorio che grazie ad una raccomandazione finisce imboscato nella Polizia di Stato. Le sue doti musicali verranno notate dal commissario Cammarota (Paolo Sassanelli) che deciderà di infiltrare il giovane nella band che accompagna Lollo Love (Giampaolo Morelli), un cantante neomelodico che è stato ingaggiato per esibirsi al matrimonio della figlia del boss di Somma Vesuviana. La polizia, infatti, sa che alla cerimonia sarà presente anche Ciro Serracane, un killer spietato al quale da tempo Cammarota dà la caccia. Paco così da timido pianista, educato, rispettoso delle regole ed in guerra con i difetti della sua città si trasformerà in un tastierista coatto e finirà per scoprire la grande umanità di Lollo Love, troverà l’amore e finalmente anche la sua strada. Il soggetto potenzialmente esplosivo maneggiato dai Manetti ha tanti pregi e, purtroppo, anche qualche grande difetto. I due registi innanzitutto hanno a disposizione un cast eccezionale, Roja si libera dei panni indossati nella serie Romanzo criminale ed è perfetto nell’incarnare questo giovane bene educato a disagio in una Napoli che non rispetta nessuna regola. Lo stesso dicasi per Morelli che rende Lollo Love più vero dei veri cantante neomelodici. Attorno ai due grandi attori quali Peppe Servillo ma soprattutto un immenso Carlo Buccirosso al quale è affidata la parte del Questore Vitali, responsabile di alcuni siparietti comici irresistibili ed esilaranti. Proprio l’ironia continua col quale è condito il film è la marcia in più di questa pellicola. I vizi di cui soffre la città di Napoli ci sono tutti, stemperati però nella figura di Stillo, tanto rispettoso delle regole quanto imbranato. Persino la camorra è affrontata e stigmatizzata attraverso un occhio deformante attento a coglierne gli aspetti grotteschi e caricaturali quali il trionfo del cattivo gusto perfettamente incarnati da un matrimonio kitsch e volgare e dalla futura sposa, una ragazza volgare e sovvrapeso perfettamente incartata in un vestito semplicemente osceno. L’altra faccia della medaglia è Lollo Love e qui i Manetti danno il meglio di sé. La caratterizzazione del cantante neomelodico napoletano, costretto da un manager senza scrupoli ad estenuanti giornate tra matrimoni, battesimi e compleanni, è semplicemente perfetta. Chiunque abbia visto una qualsiasi trasmissione dedicata a quel mondo (ad esempio la puntata de Il testimone di Pif) non può che rimanere stupito dall’aderenza alla realtà mostrata dai due registi; Lollo Love è talmente vero che ci si dimentica di assistere ad un film. Insomma, finché i Manetti si muovono sul terreno della commedia grottesca tutto funziona a meraviglia e si ride, parecchio e di gusto. Quello che funziona meno è l’omaggio ai polizieschi degli anni ’70. Nonostante la colonna sonora che omaggia quei film, nonostante l’inseguimento a bordo di un’Alfa Romeo d’epoca, quello che manca è il ritmo secco ed implacabile di maestri quali Umberto Lenzi. I Manetti troppo spesso ricorrono al montaggio parallelo, spezzando l’azione e diluendola troppo col risultato che le sequenze che dovrebbero apparire movimentate e decise risultano troppo lente e statiche. In questi casi la regia fallisce miseramente ed i due registi mostrano tutti i loro limiti. Un vero peccato perché sebbene sia facile immaginare che Song’e Napule sarà un prodotto destinato soprattutto ai fans dei Manetti e ai patiti del cinema di genere e che, probabilmente, non incasserà cifre astronomiche, il coraggio, l’onestà, la capacità di intrattenere e divertire mostrata dai Manetti Bros meriterebbe molto di più. Il nostro cinema ha anche bisogno di film come questo, capaci di rivolgersi al grande pubblico e di avere uno sguardo sul mondo molto meno banale di quanto non possa sembrare. I Manetti hanno qualcosa da dire, magari sono meno bravi di altri loro colleghi più coccolati dalla critica, ma meritano comunque più attenzione di quella che hanno avuto sin’ora.