Come in ogni fiaba che si rispetti c’è una casa nel bosco.
Qui vivono Rachel (Lydia Page) e sua madre Carol (Julia Ormond).

Al piano di sopra c’è Philip, il padre di Rachel, che è ammalato.
L’unico contatto con il mondo esterno è Dan (Rocco Fasano), figlio del macellaio presso il quale lavoro Philip.

Home education riprende ed amplia l’omonimo cortometraggio di Andrea Niada e proprio nella sua origine sta quello che potrebbe essere l’unico limite di questo pregevole esordio nel lungometraggio.

In questo film infatti, sostanzialmente, non accade (quasi) nulla.

Eppure Niada riesce con soli cinque attori in tutto e pochissimi mezzi a creare un crescente senso di inquietudine ed ansia.

Per farlo gli basta pochissimo, una ragazza che si addentra nel fitto di un bosco e suona un corno d’osso che produce un suono inquietante e sinistro al quale rispondono urla ancora più agghiaccianti.

Questi pochi elementi sono più che sufficienti per dare vita ad un film che riesce ad avviluppare lo spettatore in un’atmosfera magica e sinistra al tempo stesso.

Certo la lunghezza del film non giova al risultato complessivo ed è sin troppo facile intuire come andrà a finire così come non convince del tutto l’improvviso e tardivo “pentimento” di Carol.

Sicuramente ci sarà chi avrà da lamentarsi per il fatto che, appunto, nel film succeda poco o nulla.

Niada preferisce puntare tutto sulla suggestione sfruttando quello che ha a disposizione.

Grandissima importanza ha ad esempio il comparto sonoro, dall’inquietante corno il cui suono produce autentici brividi, sino alle grida misteriose nel bosco per finire con voci ultraterrene provenienti da una radio.

Persino i tuoni in lontananza si caricano di un’aura inquietante e sinistra.

Al centro, ancora una volta, un rapporto materno soffocante, una costante di molti film horror, che a volte ricorda il Carrie di Brian De Palma.

Rachel, educata nelle quattro mura di casa che definiscono i confini del suo mondo, e cresciuta con la convinzione che vi sia un luogo dal quale è possibile tornare in questa realtà, sconta il rapporto con una madre ingombrante ed ossessiva che le tarpa continuamente le ali.

Gran parte del merito va alla straordinaria presenza di Julia Ormond che riempie lo schermo disegnando un personaggio forse ben più complesso di quanto non sembri.

Anche in questo Home education risulta vincente, nel convincere lo spettatore di quali siano i ruoli assegnati ai vari personaggi nella vicenda salvo poi cambiare le carte in tavola sino ad un finale che, sì è facilmente intuibile ma che lascia comunque soddisfatti.

Insomma nonostante i limiti di una vicenda forse troppo piccola per reggere quasi due ore di durata ed il budget limitato Niada dimostra, come conferma il suo curriculum, di avere uno sguardo internazionale estraneo al nostro cinema.

La speranza è che possa proseguire su questa strada perché sicuramente il regista ha le doti giuste per poter regalare soddisfazioni al pubblico ed in particolare agli appassionati di horror.