Mettere delle persone che possibilmente si conoscano in un ambiente chiuso. Inserire un elemento di disturbo che rompa gli equilibri tra i personaggi. Limitarsi ad osservare ciò che accade.
Il cinema è pieno di film che mescolano in maniera diversa questi ingredienti. Uno potrebbe dire ma questo è teatro ma vista la quantità di pellicole che si reggono su simili assunti ed i risultati spesso eccellenti ai quali alcune di esse sono arrivate le cose non stanno così.
Stavolta però il teatro c’entra e come.
Dobbiamo parlare, infatti, prima di approdare sul grande schermo è stato portato da Rubini, con lo stesso cast della pellicola, sul palcoscenico in uno spettacolo significativamente intitolato Provando…Dobbiamo parlare. Lo scopo era quello di testare dal vivo le reazioni del pubblico e di conseguenza modificare il testo.
A giudicare dalle risate che hanno accompagnato la proiezione al Festival del cinema di Roma, l’obiettivo è stato conseguito alla grande.
Non date retta alle troppe recensioni negative che stanno accompagnando questa anteprima, Dobbiamo parlare è un film divertentissimo
Risultato ancora più sorprendente se si pensa agli elementi che compongono il film e dai quali era lecito aspettarsi il peggio, vista l’ambientazione (attico in pieno centro di Roma) ed i personaggi che lo abitano.
Per fortuna invece Rubini ha schiacciato il pedale del grottesco mettendo in scena un gioco al massacro pieno di battute fulminanti.
Lo stesso lussuoso appartamento si rivela ben presto in realtà una fregatura funestato com’è da un riscaldamento centralizzato che viene acceso poco e nulla, finestre che non chiudono e che fanno allagare tutto alla prima pioggia, acqua calda di fatto inesistente ed impianto elettrico da buttare.
Tutta apparenza e nessuna sostanza, un po’ come le persone che lo abitano.
Da una parte c’è Vanni (Sergio Rubini), scrittore in crisi, così calmo e pacato da dare sui nervi. Come scopriremo si tratta di una maschera messa a celare il fallimento personale e professionale di un uomo che, per quieto vivere, ha deciso di non esprimere mai i propri sentimenti ma neanche i suoi sogni e le sue aspirazioni.
Accanto a lui Linda (Isabella Ragonese), la sua scialuppa di salvataggio. Una trentenne in crisi che di nascosto sta scrivendo il suo romanzo mentre viene sfruttata come ghostwriter da vanni, piena di assurde fobie (memorabili i suoi attacchi di panico alla vista del gatto del vicino) e sempre sull’orlo di una crisi di nervi.
Tutte cose che scopriremo col tempo visto che inizialmente la coppia sembra perfetta.
I due si stanno preparando ad andare ad una mostra con l’editore di Vanni quando ecco che al citofono (che ovviamente non funziona) si presenta l’amica Costanza (Maria Pia Calzone).
Una dermatologa ricca di famiglia che grazie a wazzup ha appena scoperto che il marito ha un’amante.
La situazione precipita quando arriva anche Alfredo (Fabrizio Bentivoglio) il marito di Costanza.
È lui il vero mattatore dell’intero film in un atto di generosità infatti Rubini ha dato a Bentivoglio un personaggio magnifico permettendo all’attore di scatenare una verve comica insospettabile.
Alfredo infatti è un medico ossessionato dal lavoro e che si crede un chirurgo dalle doti eccezionali. Uno che tutti i giorni si sveglia alle cinque del mattino e che in piena crisi coniugale scappa a salvare un rumeno accoltellato, ricevendo in regalo un’autoradio rubata (“Questa è òla gente vera). Un personaggio greve e volgare ossessionato dai soldi con cui foraggia continuamente la moglie, la figlia della moglie e suo figlio e che giustamente si accompagna con una moglie che anche lei non fa che parlare di denaro.
Bentivoglio col suo accento romanesco, la panza prominente, le battute memorabili, i doppi sensi ed i gesti volgari tiene banco in un quartetto di poveri disperati che ad un certo punto cominciano a vomitarsi addosso tutto l’indicibile.
Non conta neanche sapere come andrà a finire, anche perché l’andazzo si intuisce subito, tra le due coppie ce n’è una troppo perfetta.
Peccato solo che arrivato alla fine Rubini tenda ad allungare il brodo e non riesca a trovare un finale all’altezza del resto del film.
Peccati di poco conto che scompaiono dinnanzi alle continue risate del pubblico che finiscono pure col coprire le battute a di fronte ad un meritatissimo e lunghissimo applauso finale.