Mungiu è a tutti gli effetti uno degli autori più importanti del cinema europeo contemporaneo. Non ha paura di porsi e porre domande cercando poi di metterle in immagini.
Dopo aver ragionato di nascita e morte in 4 mesi 3 settimane 2 giorni e di religione in Oltre le colline questa volta sono cultura e riscatto sociale il suo obiettivo. Come dice più correttamente il titolo originale Bacalaureat, tutto ruota intorno al conseguimento del diploma col massimo dei voti da parte della figlia del protagonista. Non sempre però lo studio è sufficiente se la società anche in modo involontario tenta di bloccare, l'ascesa sociale.
Mungiu ci racconta una società ingessata anche attraverso la sua regia rigorosa e precisa in ogni inquadratura, in ogni sguardo dei suoi attori. Un sapiente uso del fuori campo, qualità che è ormai un suo marchio di fabbrica, rende il dipanarsi della trama più misterioso.
Per la prima volta i sentimenti irrompono nel cinema del regista rumeno e purtroppo risultano il punto debole del film. Il rapporto tra marito e moglie appesantisce la trama che mette già molta carne al fuco attraverso la storia principale della figlia.
Bravo il protagonista Vlad Ivanov già visto nel film che valse la Palma d'oro a Mungiu, anche se il suo non è un cinema che si valorizza gli interpreti. La regia millimetrica e i pedinamenti dei personaggi raffreddano le interpretazioni dei protagonisti e soprattutto la giovane protagonista resta schiacciata da un regista così pieno di personalità.
In conclusione un film che costringe lo spettatore a riflettere: scena dopo scena non ci si può che chiedere da che parte si trovi il giusto e il bene. Tutti gli spettatori sono costretti a fare i conti con la propria coscienza impersonandosi nelle difficoltà del padre protagonista. Una sana riflessione che in può solo fare bene.