I dilemmi di una giovane che vuole insegnare

Arriva dalla Germania una delle prime sorprese cinematografiche dell'anno. È di un regista ancora poco affermato a livello internazionale, tanto da essere inserito in una sezione collaterale anche al Festival di Berlino, La sala professori, piccola perla arrivata col passaparola alla nomination all'Oscar come miglior film internazionale. 

L'opera è costruita come un complesso ingranaggio morale in cui le azioni costruiscono scena dopo scena una ragnatela da cui è  sempre più difficile districarsi. Non raggiunge il livello del piccolo gioiellino sloveno Class enemy, che se vi capita tra le mani dovete vedere assolutamente, di cui ne condivide la tematica scolastica e lo sviluppo, e qualche passaggio della sceneggiatura risulta forzato, ma l'impianto di base funziona. 

La regia sempre addosso alla protagonista acuisce il senso claustrofobico della sceneggiatura e riesce a non lasciare respiro né allo spettatore né al personaggio. Le stanze della scuola diventano veri coprotagonisti in cui tutti si dibattono, senza voler ascoltare le ragioni degli altri. 

Notevole Leonie Benesch che sul suo viso angelico riesce a far trasparire i dubbi e le contraddizioni di una situazione intricata che il suo personaggio cerca di risolvere, ma che sembra senza via di uscita. Un urlo liberatorio non basta a rimettere le cose a posto. 

Sulla falsa riga di Un eroe di Farhadi, La sala professori si trasforma poco per volta in un thriller della vita moderna (non nasconde neppure il tema degli immigrati) , il racconto di quanto possa essere difficile il voler restare onesti. Piccola sorpresa da vedere in sala per porsi qualche domanda.