Homo homini lupus

Roberto Minervini italiano di nascita ed americano di adozione si è fatto conoscere nel cinema internazionale con documentari che descrivevano la società americano moderna in tutte le sue contraddizioni. 

Approda ora alla fiction senza rinnegare la sua arte di documentarista e ci racconta la Guerra di Secessione Americana seguendo un gruppo di comilitoni mandati in avanscoperta senza grandi possibilità di riuscita. 

Come è  evidente scena dopo scena quello che interessa a Minervini  però non è  raccontarci una storia, ma immergerci in quella situazione. Il suo diventa una sorta di documetario immaginato del tempo che fu. Scena dopo scena gli vuole mostrarci la fatica della guerra e quanto la natura possa essere inospitale e crudele. Con un preciso utilizzo del sonoro ci fa sentire abbandonati in mezzo ad un bosco con il vento che soffia e ci gela la testa, la neve che ci congela i piedi e solo il crepitio di un fuoco fatto con legna bagnata che prova a darci sollievo. 

Siamo più dalle parti de La sottile linea rossa che di Salvate il soldato Ryan, anche se l'afflato religioso è decisamente più contenuto e le riflessioni dei soldati sono relegate ad un paio di scene neanche troppo originali. Il tutto è ispirato ad un homo homini lupus richiamato anche dalla scena di apertura. C'è poca speranza anche tra quelli che appartengono alla fazione che noi sappiamo vincerà la guerra. 

I dannati alla fine è un film più di forma che di sostanza che purtroppo fa fatica ad avvincere perché i suoi personaggi risultano poco più che abbozzati nonostante i primi piani indagatori. Buona tecnica ma poca anima e per il cinema di oggi è  un po' poco.