La chiusura di un kolossal

Cerchiamo di essere sinceri ed obiettivi: Dune parte uno doveva gran parte del suo successo alla capacità di Villeneuve di creare mondi ed atmosfere. Era un'esperienza unica e lontana dalle principali cose viste sui grandi schermi negli ultimi anni. Per forza di cose nella parte due l'effetto sorpresa/novità si perde: il resto galleggia da solo?

Passando dalla contemplazione all'azione qualcosa si perde, soprattutto perché la trama non si sottrae a nessun archetipo del genere fantascientifico, senza scordare elementi shakespeariani. A tutto questo si aggiungono rimandi messianici che appesantiscono il tutto.

Villeneuve però non si accontenta del mostrare i soldi forniti ad una megaproduzione, ma cerca strade e stili inusuali. Riesce ancora a stupire e convincere con la riuscita sequenza di presentazione di Feyd-Rautha nello stadio. Completamente girata in un freddissimo bianco e nero tanto straniante e claustrofobico quanto coinvolgente è un tocco d'autore notevole in un blockbuster del genere. L'uso del contrasto poi è sorprendente.

Per il resto il mondo di Dune funziona e la sceneggiatura sembra voler rimandare costantemente alla contemporaneità politica del pianeta Terra. Sarebbe un ossimoro considerare Dune parte due un blockbuster pauperista? Oppure un inno ecologista ai popoli che sanno rispettare la natura del pianeta che li ospita?

Detto in poche parole è un film da vedere, se possibile dopo un ripasso della parte uno perché, nelle quasi sei ore dell'opera completa, non c'è spazio per ripassi e ripetizioni. Nel suo complesso un'opera monumentale che resterà nella storia cinema.