Il cinema di Guadagnino ama indagare il desiderio in tutte le sue forme e attraverso metafore disparate. Per Bones and all si affida all'horror, che venato di romantico diventa un on the road disperato alla ricerca di una propria identità. 

Come sempre la confezione di Guadagnino è notevole, tanto che spesso sfocia nella patina. Scena dopo scena assale sempre di più il dubbio che il regista cerchi in ogni modo di risultare cool. A tratti sembra di assistere a pubblicità di profumi per giovani rampanti. Il sodalizio con Chalamet, attore simbolo della sua generazione, non fa che amplificare questa sensazione. 

La sceneggiatura oggettivamente scritta col bilancino e funzionale al racconto fatica a trovare qualcosa da dire. Il film si inalza solalemnete nella scena del manicomio dove sceneggiatura, interpretazioni e montaggio riescono a creare un amalgama coinvolgente, spiazzante e credibile. 

Sul fronte attoriale Rylance è una certezza e riesce a dare spessore a un personaggio poco più che abbozzato. Tylor Russell ha la giusta spontaneità e convince più del suo compagno. Giusto premio Mastroianni per il miglior attore giovane a Venezia. 

Premio per la miglior regia all'ultima Mostra del Cinema di Venezia, a conferma dell'ottima messa in scena di Guadagnino, Bones and all è un film atipico nei contenuti, ma decisamente schematico e prevedibile nel suo sviluppo. Non per tutti i palati e per tutti gli stomaci e rivolto ad un pubblico di teenager, farà sicuramente fatica a lasciare un segno sulle altre fasce di spettatori. Peccato.