Quando la vita vera lacera

Ammetto di essermi avvicinato ad Armageddon time con diversi pregiudizi. Prima di tutto, nonostante i suoi successi di critica, nessuna delle opere precedenti di Gray mi aveva mai colpito a fondo. Punto secondo gli amarcord dei grandi registi spesso faticano a diventare di interesse generale tranne rare eccezioni.

Invece Gray trova i giusti toni e le giuste tematiche per trasformare la sua parabola adolescenziale in un racconto universale. La perdita dell'innocenza dovuta all'ingresso in società è qualcosa di tanto sbagliato quanto inevitabile e la sceneggiatura lo racconta senza remore.

Armageddon time diventa un canto lacerante della modernità. La corruzione dell'individuo causata dalle convenzioni sociali, regole quasi incomprensibili per un bambino cresciuto in una famiglia che sa che cosa sia la discriminazione, viene narrata in modo quasi chirurgico. Così come l'impossibilità di sfuggire a questo destino.

Gray ha la mano ferma, con la cinepresa riprende, ma non indugia, racconta sapendo quando fermarsi davanti al dolore e senza mai esagerare. Il suo è un cinema che verrebbe da definire classico, a tratti vicino al miglior Eastwood, che ha il piacere del racconto e del movimento di macchina dolce capace di accompagnare gli interpreti.

Protagonista dell'ultimo Festival di Cannes dove però non ha raccolto premi, Armageddon time è un film da vedere: una di quelle opere da cui lasciarsi trascinare scena dopo scena in un racconto magistrale.