Da sempre esiste un cinema di impegno civile che ha saputo regalare grandi opere, ma che più spesso è caduto nel tranello del semplice racconto dei fatti, senza una precisa  elaborazione artistica né una forza trainante che coinvolga lo spettatore convinti che il solo affrontare un tema doveroso possa essere sufficiente. 

È esattamente quello che succede con Argentina 1995. Opera realista, con un impianto rigoroso, messa in scena classica, probabilmente anche troppo, e sviluppo narrativo a dir poco prevedibile. 

Le due ore e mezza scorrono senza guizzi né scossoni verso il finale che già conosciamo. Servono a poco gli inserti familiari dei due protagonisti che a livello narrativo cercano di umanizzare i protagonisti nei loro dubbi e nelle loro insicurezze. Il treno verso il giusto è evidentemente inarrestabile anche da un punto di vista cinematografico. 

Si salva il sempre bravo Ricardo Darin ormai icona di un certo cinema latinoamericano impegnato e dal respiro internazionale. Tratteggia con una certa fierezza il protagonista senza strafare reggendo sulle sue spalle l'intero peso della pellicola. Il cast dei comprimari al suo cospetto annaspa un pò. 

Passato in concorso all'ultimo film di Venezia, ma arrivato direttamente in streaming, senza passare sul grande schermo è un film  processuale senza infamia e senza lode da vedere se si è interessati alla storia latinoamericana, ma er il resto si può tranquillamente bypassare.