Se il pensiero corrompe il linguaggio, anche il linguaggio può corrompere il pensiero
( G. Orwell)
 
La didascalia iniziale del film ci informa, sin da subito, che l’omicidio  non vedrà giustizia: troppi casi rimangono irrisolti.
Liberamente ispirato ad una storia vera.
Una ragazza saluta  dopo aver trascorso una piacevole serata a casa di amiche.
E bella Clara, attraente e piena di vita e mentre si dirige nella sua abitazione  registra  e invia un video pieno di affetto per la sua amica.
Una persona incappucciata la attende, le getta addosso liquido infiammabile e le da fuoco.
Clara corre ma verrà ritrovata bruciata in un parco poco distante il giorno successivo. I genitori sapevano che la ragazza sarebbe rimasta a dormire dalla sua amica e vengono avvisati dalla polizia della drammatica notizia.
Iniziano le indagini, i sospettati sono 6, tra amici, fidanzato, amanti e  ex.
Ma già sappiamo che non si troverà il responsabile e quindi l’attenzione si rivolge altrove, su ciò su cui spesso si distoglie lo sguardo:  il focus è sull’ambiente, la cultura, il contesto, il linguaggio, lo stereotipo.
Tutto questo attraverso le fasi dell’inchiesta ogni volta concentrata su figure completamente diverse l’una dall’altra: dal violento, al rapper che in una canzone minaccia di bruciarla, allo “scopamico” idiota che ride continuamente ma non accetta la si definisca “facile”, in quanto per lui è semplicemente una ragazza senza complicazioni.
Domenik Moll fa convergere l’attenzione sullo sguardo  di chi risponde, di chi giudica, di chi, compresi i media, interpreta e sentenzia.
Tuttavia il caso si insinua nella pelle di chi indaga, soprattutto di Yohan per il quale diventa una vera e propria ossessione.
Non comprendere, non riuscire a trovare e a vedere la verità, provare sconcerto difronte ad una realtà sempre più incomprensibile, come rendersi conto e prendere definitivamente atto che “c’è un qualcosa di sbagliato tra uomini e donne”.
La gelosia può essere un movente, avere molti fidanzati, ex, amanti può essere la causa, quella di “essersela andata a cercare”.
E’ questo doppio sguardo che innesca  Moll, quello di riuscire a capire dove c’è il pregiudizio nei confronti di una donna, in quanto la terminologia e il linguaggio rivolti ad un uomo ucciso nelle stesse condizioni e presupposti sarebbe sicuramente   diverso.
Un universo umano dove gli uomini commettono i crimini e sempre gli uomini devono risolverli; un universo umano dove le donne vengono uccise perché il mondo è incapace a comprenderle e ad accogliere i loro cambiamenti: un universo umano dove la guerra tra maschile e femminile prevale su qualunque dialogo.
Una sottocultura trasversale, umana e disumana; un linguaggio patriarcale maschile e spesso anche femminile che non riesce ad accogliere una nuova donna libera,  non complicata o complicata, facile e difficile, nuova e diversa.
Un film apparentemente normale ma così diverso, semplice ma complesso, banale e tuttavia sofisticato nel puntare l’indice e prestare attenzione alla cultura tossica che vede nel femminile emancipato anche solo sessualmente come l’avamposto da contrastare in quanto propedeutico all’indipendenza dal maschio.
Il colpevole non si trova perché  la responsabilità è trasversale e pervasiva, strutturata su retaggi culturali invadenti:  l’occhio del regista è concentrato a spostare lo sguardo dall’inchiesta giudiziaria per focalizzarlo sul  pregiudizio e sul linguaggio quotidiano indifferente ma  violento e criminale.
Una giovane donna, bella, attraente, libera e gioiosa è fastidiosa per tutti perché fuori dai canoni previsti e prevedibili, perché caotica e indefinibile per una decisione culturale e pertanto politica formatasi lentamente,  profondamente radicata e straordinariamente persuasiva ancora oggi.
Moll non esita pertanto ad indagare la società avvolta in una dialettica prevalentemente maschile, dove la sintesi non è mai il risultato di un dialogo tra  tesi e  antitesi, ma un discorso autoreferente, apodittico,  autistico e violento.
Il film parte da un fatto di cronaca per costruire una riflessione di metacronaca, parte da un accadimento per farne uno strumento di metacultura.
 
Il modo più efficace per sconfiggere il patriarcato è sfidare e rinnegare la sua narrativa autolegittimante
(John Lamb Lash)