Recensione di   Beatrice Bianchini Beatrice Bianchini

Dream Palace

(Film, 2022)

Colui a cui non si può parlare ha sempre ragione

La stupidità planetaria impedisce al mondo contemporaneo di scorgere l’assurdità del proprio ordinamento.

(T.W.Adorno)

 

 

Un appartamento di nuova edilizia di design, elegante e apparentemente confortevole viene acquistato in virtù della trattativa/ patteggiamento di Hye jung con l’azienda datrice di lavoro del marito, defunto a causa di un incendio.

La donna, madre di un adolescente, decide di porre fine alla protesta nonostante l’opposizione dei familiari delle vittime che sono fermi in un sit-in da molto tempo.

L’appartamento si trova nel famoso Dream Palace,  e sin dal primo giorno presenta un insidioso problema pressoché inaggirabile: dalle tubature, anche se tenute aperte per ore, esce solo acqua arrugginita.

Nonostante la lamentela di Hye jung, il problema non vede soluzione;  il responsabile dell’ufficio vendite sostiene che potrà essere risolto solo nel momento in cui saranno venduti tutti gli appartamenti…

Da qui inizierà una tormentata via crucis quotidiana  per la giovane vedova relativa non solo alla impossibilità di usare acqua se non acquistata in confezioni di plastica ma soprattutto sulla realtà ostativa dei familiari delle vittime. 

Un labirinto burocratico-sociale-relazionale pressoché inestricabile, renderà il film kafkianamente insidioso: il senso di responsabilità nei confronti degli altri, del figlio, delle scelte e delle azioni ingenuamente intraprese a fin di bene, faranno deragliare le buone intenzioni nelle peggiori conseguenze.

L’elemento concettuale centrale del film riguarda l’impossibilità di apportare delle modifiche in un ordinamento impersonale quale è quello delle grandi compagnie. 

Rivendicare i propri diritti in un sistema che si fonda sul Dividi et Impera, si rivela una dinamica autodistruttiva.

Tra l’impossibilità di arrendersi e l’intricato meccanismo alienante che struttura lo stallo non rimane che essere dei banali clienti/consumatori che devono sottostare a regole e rispettare i propri doveri senza poter accedere ai  diritti fondamentali.

L’interpretazione di Kim Sun-young accompagna il percorso destrutturante in modo assolutamente credibile.

Vittime, sit-in, proteste, rivendicazioni, impegno mettono in moto la carrellata delle sostanziali iniquità che il mercato del lavoro, del consumo, del profitto strutturano a svantaggio del cittadino medio.

Un cittadino che rivendica i propri diritti in un sistema sordo-cieco, crudele e cinico nei confronti di qualunque esigenza umana.

Il Dream Palace è  l’edificio metafora del mercato che pubblicizza sogni vendendo prevalentemente incubi.

“Il cliente è servito” diceva Adorno nei suoi Minima Moralia, nella metà del secolo scorso quando la tecnica e il  capitalismo estremo e  ancora non erano  compiuti. 

Oggi, con l’accrescimento illimitato come fine teleologico ed escatologico, ai quali gli uomini si devono solo adattare, negandosi quindi come soggetti liberi, si può parlare di suddito più che di cliente, e laddove si conservino ancora dei buoni sentimenti e le migliori intenzioni, come nel caso di Hye jung ci sarà sempre qualcuno strumentalizzato a dubitare, insinuare, accusare, aggredire per destabilizzare quella eventuale remota, ormai, possibilità di unirsi per rivendicare i propri diritti.

Un movimentato andirivieni di svolte narrative e colpi di scena fanno del film un avvincente, magnetico,  frenetico ritratto socio-culturale-politico-economico nel quale la  specifica pedagogia tecnocapitalistica è finalizzata alla crescente integrazione e sussunzione dell’uomo nel sistema.

 

Dacché il mondo ha tolto la parola agli uomini, colui a cui non si può parlare ha sempre ragione.

(T.W.Adorno)