Regia e fotografia di altissimo livello, quest'ultima è vero che è sempre li li dal risultare "fighettosa" ma ha la sua resa, ottimi i chiaro scuro le sfumature tra i gialli,verdi e celesti con il nero quasi onnipresente nel film che racchiudono tutta l'oscurità del killer e della storia.
Fincher si rifà a moltissimi film e registi, c'è Melville, Hitchcock, Friedkin ma anche Hodges col suo Get Carter e il Mechanic di Winner.
L'inizio è ottimo, come in Le Samourai vediamo il killer isolato nella sua stanza e ritroviamo la meticolosità, l'approccio e lo studio verso la professione presenti sia in Melville che in Mechanic, di questo c'è anche la sequenza introduttiva dove guarda il suo obiettivo nel palazzo di fronte. I chiaroscuro con questi gialli riescono a a dare una sensazione quasi di sacralità verso il palazzo antico, come proprio se tutto fosse come un rituale(ancora Le Samourai che ritorna).
C'è tantissimo di Hitcocock nel prologo e i rimandi alla Finestra sul cortile sono evidenti e tutto è davvero ben gestito, Fincher si prende il suo tempo per mostrarci tutta l'attenzione e la preparazione dell'omicidio.
Nei momenti più bruschi e dove anche il protagonista perde un po' il controllo sopraggiunge la camera a mano e la fuga va a ricordare Friedkin.

Il film in seguito prende la via del revenge movie, come in Get Carter e i vari omicidi con annessa regia e fotografia sono sempre di gran livello.
Quello che un po' manca è la "forza" delle vendetta in quanto non si avverte molto il legame tra il killer e il soggetto per cui inizia le sue azioni.
E' vero che in questi film passaggi del genere sono quasi spesso di "funzione" però ad esempio in Le Samourai si i rapporti tra Jef e i personaggi femminili sono brevi ma comunque delineano la freddezza del personaggio, il suo senso di alienazione e l'impossibilità di vivere una vita "normale" o comunque di fuggire dai meccanismi in cui è intrappolato.
Anche The Killer filosofeggia su questi temi, Fassbender, il killer, ribadisce che è senza bandiera, senza morale, conta solo il guadagno, niente bisogna avere empatia , perciò Fincher vuole gestire l'evento scatenante come collante senza dare "calore" al personaggio però sotto quest'aspetto non risulta efficace come in Le Samoraui( quello di Melville è un capolavoro) e si può comprendere se a qualcuno possa "pesare" che questa vendetta sia poco sentita.
Come scritto gli omicidi sono eseguiti molto bene però si potrebbe riscontrare una certa "schematicità" nel proseguo della vicenda, l'omicidio in Florida  narrativamente è un po' fine a se stesso, anche se sempre ben diretto.
L'approdo a New York richiama tantissimo Taxi Driver proprio per stile di inquadrature, c'è molta new hollywood nel film; la seguente interazione con il personaggio di Tilda Swinton è abbastanza psicologico e prepara in un certo senso al colpo di scena nel finale, molto interessante anche il contesto dell'incontro cioè la cena lussuosa, perciò durante un momento di relax e “godimento” per il personaggio della Swinton che di fatto mette in guardia per il futuro del protagonista.
Nel finale si ritorna al concetto del meccanismo, i molti che sono sfruttati e i pochi che comandano quindi con un discorso sulla società e di come anche il killer stesso faccia parte di tale struttura.
Non a caso il film fa riferimento a diverse multinazionali come McDonalds, Fedex e Amazon e i killer presenti nel film hanno un portafoglio “agiato” ma nonostante questo risultano loro stessi un ingranaggio quindi la manovalanza del sistema, sono essi stesse dei pacchi da spedire che devono rispondere a chi sopra.
Di fatto le regole che applica il killer sono anche un riflesso dell'essenza del denaro che per l'appunto non ha bandiera, morale o altro.
In conclusione ci si trova di fronte a un noir davvero ben diretto e molto cinematografico dove se è vero che Fincher non ha, sempre, la consapevolezza dei grandi maestri nel far sempre coesistere le meccaniche di genere con i sottotesti espressi  riesce comunque a confezionare un noir godibile con ottimi momenti e che il suo da dire.