Thriller russo dalle tonalità cupe, la storia è narrata in due diversi archi temporali, il presente(1991) e il passato che si svolge dalla fine degli anni ‘70 fino a ridosso dei ’90.

Il detective Issa è incaricato di risolvere il caso che vede molte ragazze uccise nella medesima circostanza, dunque la presenza di un serial killer che la polizia dovrà catturare.
Nel presente Issa ha risolto il caso ma la presenza di una sopravvissuta lo farà ripiombare nell'oscurità alla ricerca di un nuovo colpevole.
Il protagonista è da subito funereo, abito scuro, nero, gessato con capelli brizzolati sul grigio, anche il suo matrimonio non sembra idilliaco, il riaccendersi del caso mina la stabilità da lui costruita, non a caso la notizia arriva mentre sta festeggiando in casa e chiudendosi in stanza insieme alla moglie vengono posti gli attriti che erano stati superati dopo il caso ma la nuova realtà risucchia il detective.
Nel passato si segue tutto il processo e il tentativo di Issa di risolvere il caso tutto condito da  scale di grigi, corruzione, Issa è in difficoltà, nel proseguo delle indagini e delle pressioni dei superiori e dell'opinione pubblica prenderà sempre più strada il concetto di trovare un colpevole e non di ricercare la verità e l'assassino.
Issa tradisce la moglie, tortura gli accusati, cerca di estorcere con la forza una confessione perciò l'oscurità non è solo nell'estetica, nelle fotografia ma è intrisa anche nel personaggio del detective.
Il cercare un colpevole random da dare in pasto ai superiori farà lasciare il caso al collega Sevastyanov che invece proseguirà nella ricerca, nella cattura del serial killer.
I fari iniziali dell'auto di notte ad inizio film sembrano proiettare la storia verso il futuro, la regia di Lado Kvatanija, opera d'esordio, costruisce immagini dove la luce è imprigionata, le tonalità cupe e dark sono onnipresenti e ciò simboleggia l'offuscamento della verità e ciò si ricollega ai fari iniziali dell'auto di notte dove questa comunque sovrasta la luce , quest'ultima a sua volta cerca di accendersi.

Il dialogo nel passato, all'inizio del caso, tra Issa e Sevastyanov è inquadrato al tramonto, la regia fa presagire come i due personaggi si stanno dirigendo verso un'inesorabile fine fatta di oscurità.
Il lavoro di Kvatanija all'interno della casa nel bosco del serial killer è esemplare, atmosfera, intensità, tonalità scure con la luce che cerca di penetrare delle fessure, dagli assi di legno inchiodati alle finestre, tutto ciò crea inquadrature, immagini bellissime, ben costruite che danno forza, impatto alle scene e a loro volta alimentano il significato di una verità che cerca di penetrare nell'oscurità che però regna sovrana nel film.
Altro concetto cardine è quello della caccia, essere predatore e cercare di sopravvivere.
Issa quando prende in carica il caso è un cacciatore, ha già messo dietro le sbarre un serial killer con il quale ha un rapporto stile Manhunter con Hannibal Lecter, Issa chiede “consulenze” al killer per capire come catturare la nuova preda.
Per sopravvivere però, mantenere il posto, la famiglia e ottenere la promozione non sarà più un predatore ma cercherà di sopravvivere tant'è che anche il suo alter ego serial killer da lui catturato gli dirà che in tali condizioni non lo avrebbe mai preso.
Sevastyanov è invece il cacciatore con tanto di metafore del gufo, il poliziotto trova l'uccello ferito e sistemandogli l'artiglio simboleggia l'inizio della sua caccia.

Per come avanza la narrazione del film diviso in capitoli e inframezzato tra passato e presente ci sono diverse rivelazioni che man mano prendono corpo, non è un giallo classico, il serial killer non viene rivelato o catturato alla fine, anzi, nel dualismo tra Issa e Sevastyanov vengono mostrate le due piste e il come il primo ricerca semplicemente un colpevole qualunque mentre il secondo da la caccia la vero killer.
La sorpresa semmai è data nel proseguo della storia, la verità è più contorta di quanto possa sembrar e a sua volta l'oscurità, quindi ci saranno dei piani orchestrati da ambo le parti, un dualismo che prende sempre più corpo, cacciatore contro il sopravvissuto.
Il finale conduce a ciò che suggerisce anche il titolo, in originale Kazan, The Execution come titolo internazionale che rimanda all'esecuzione etrusca citata durante il film dove la vittima viene legata insieme al colpevole in modo che i corpi marciscono a vicenda, così che è la vittima a togliere la vita al proprio uccisore.

Opera prima che mostra buona mano da parte di Kvatanija che dimostra di saper dare un tono, costruire immagini, dare forza a queste, si diletta bene anche in diversi movimenti di macchina e piano-sequenza ben riusciti come quello che porta alla tentata fuga del serial killer quando è nella casa in mezzo al bosco.
Notevole anche ad esempio la scena di sesso all'interno della macchina, la fotografia va interamente sul rosso, colore della passione, e l'inquadratura dall'alta sigilla il dettaglio della mano della donna sul vetro della macchina.
Nell'orchestrare tutti i piani e i ribaltoni forse alcuni momenti avrebbero giovato di maggior costruzione, l'infedeltà di Issa, che è cruciale nella storia, il suo rapporto poteva avere maggior caratura.

E' un film che nel terzo atto sposta il focus dell'attenzione che non è più sul serial killer ma si va ad incentrare su Issa e Sevastyanov.

Non mancano scene di violenza, sangue mostrato, è in sostanza un buonissimo esordio ed un thriller ben fatto.