David Yates per la prima volta dirige un film al di fuori dal mondo Harry Potter, il regista britannico non è ne un regista troppo scadente ma neanche un gran regista e questo film di fatto lo dimostra.
La messa in scena, la confezione del film è buona, ci sono diversi scenari, ognuno con la sua fotografia e toni di colori dunque si passa da colori pastello come il rosa e il verde al bianchissimo della casa del capo dell'azienda, a raffigurare anche una sua supremazia sul tutto, al grigio metallico dell'ufficio.
Il film si rifà tantissimo a Wolf of wall street di Scorsese, non solo per la storia, il gruppo di venditore che viene dalla strada senza titoli di studio, l'avidità sfrenata anche al costo di far del male alla collettività; ma anche  la regia tramite rallenty, movimenti di macchina cerca di emulare Scorsese.
Chiaramente Yates non ha la stessa qualità, infatti quando prova a ritmare spesso non ci riesce, i rallenty non hanno tutti una buona resa visiva ma comunque non ci sono grossi svarioni.
E' sulla narrazione che il film pecca un po' di più, ok il rifarsi al film di Scorsese però si stenta a credere che un grossa azienda non si curi di programmi che la possa tutelare, gli svarioni del capo non sembrano troppo giustificati, sì ok l'avidità, il dominio nel sistema e la sensazione di essere intoccabili però sembra un po' mancare di logica in alcune scelte.
La redenzione della stessa protagonista, che da un lato crea dualismo tra il ceo dell'azienda e lei, però rende il film un po' più "facile" aggiungendo un po' di retorica, mentre Scorsese è intransigente sotto quest'aspetto nel mostrare l'avidità spietata fino in fondo.
Non è totalmente un brutto film, ma non è neanche riuscito in pieno, comunque a Yates film così possono fare "bene".
Uscendo dai suoi precedenti film con cgi e effetti speciali dimostra comunque di saper dare una buona confezione seppur sì senza troppa qualità e senza dare troppo spessore.
Dunque non è totalmente bocciato ma neanche promosso.