Hotel di Jessica Hausner è un horror “atipico” che punta sulle suggestioni senza mostrare direttamente l'orrore ne tanto meno senza dare spiegazioni verso una narrazione estraniante e distorcente.
Solitudine e oppressione sono gli aspetti cardine del film, la protagonista Irene va a lavorare in un hotel sostituendo l'ex dipendente Eva, scomparsa di punto in bianco.
Già la prima inquadratura introduce un racconto “contorto” in quanto viene inquadrato il soffitto all'interno dell'ascensore dove è presente Irene e responsabile dell'hotel.
Questa inquadratura ricorda il grandangolo iniziale sul tetto di Rosemary's Baby, nel film di Polanski infatti l'inquadratura proietta il film verso una narrazione oscura e distorta per il personaggio di Rosemary, stesse sensazioni si hanno anche in Hotel e nel personaggio di Irene.
Hausner riesce a mostrare la solitudine della protagonista, la inquadra in spazi vuoti, la mostra in disparte ad esempio quando nell'hotel c'è il momento del ballo, però Irene cerca di instaurare amicizie ed anche di avere una relazione con un ragazzo.
Il film pone delle similitudini tra Irene e ciò che ha vissuto Eva, il dettaglio degli occhiali, Irene come fu per Eva ha una relazione e sembra esserci una connessione per l'attrazione verso l'oscurità.
La narrazione presenta una forte dose di mistero, ci si interroga su cosa sia successo ad Eva, vengono posti elementi da folk horror quali la strega, il bosco dark e elementi religiosi come il crocifisso di Irene e le preghiere della signora Liebig.
Una presunta presenza oscura aleggia per tutto il film, la regia di Hausner è ottima nel creare atmosfera cadenzando i tempi, optando spesso per inquadratura statiche e scelte cromatiche ben precise che rendono le inquadrature inquietanti come inserire il colere verde insieme al nero.
Il corridoio che da alle scale, le prolungate inquadrature sulla tenda che aprendosi mostrano la finestra affacciarsi al bosco, Irene è attratta dall'oscurità e dalla storia di Eva, l'oppressione lavorativa, le regole, i richiami imposti dalla responsabile uniti alla solitudine, nonostante i tentativi di relazione sociale, portano la protagonista verso il sentiero oscuro.
Perciò, il colore nero che avvolge le inquadrature, Irene che entra fisicamente in questi spazi ignoti che via via collegano l'hotel, le scale, al bosco, alla grotta della strega.
Sono molti i momenti suggestivi, le sopracitate scene del corridoio, le soggettive di Irene che si dirige verso le scale, i contrasti con il colore scuro portone dell'hotel e la luce verde che arriva dalle finestre, la reception mostrata in modo inquietante tramite scelte cromatiche e punti macchina ben precisi.
Non è probabilmente un film per tutti, è un horror lento, oscuro che non punta mai sul mostrare ne nel dare troppe spiegazioni e Hausner, esordio alla regia, riesce a infondere le sensazioni che prova la protagonista e creare atmosfere suggestive con momenti cupi, dove l'ignoto inghiotte Irene.

Bello e interessante.