Diamanti di Ferzan Ozpetek è un film che merita di essere visto. È un film sulle donne, paragonate a diamanti per il loro essere indistruttibili, diverse l'una dall'altra, e ciascuna con mille sfaccettature, con i propri riflessi emotivi. Ozpetek raduna un vasto cast corale al femminile, dove gli uomini, chi nel bene e chi nel male, svolgono un mero ruolo di contorno.
Le storie di queste donne si intrecciano sapientemente, raccontando vicende ora dolorose, ora di riscatto, che illuminano il cuore con garbo ed eleganza. Queste numerose piccole storie di donne sono trattate in modo molto equilibrato, fondendosi l'una nell'altra con leggerezza, descrivendo tanti piccoli universi.
Dal film inoltre emerge grande rispetto e ammirazione per le maestranze che lavorano dietro le quinte dei progetti cinematografici: costumiste e sarte, che con il proprio instancabile lavoro di gruppo permettono al regista di turno di realizzare il suo progetto, ispirandolo e supportandolo, ma anche per figure in apparenza più marginali come ad esempio la cuoca, che ha sempre una parola di conforto e un piatto abbondante per tutti, senza le quali il luogo di lavoro sarebbe meno accogliente e vivibile. Le due attrici principali, Luisa Ranieri e Jasmine Trinca, interpretano due sorelle agli antipodi: la prima (Alberta) riesce a superare le amarezze del passato donandosi esclusivamente al lavoro, e quando il passato sembra tornare, mantiene il controllo anche nelle difficoltà; la seconda (Gabriella) invece non riesce a superarlo, rischiando di soccombere sotto il peso dei propri traumi e di vanificare tutti i sacrifici fatti per trovarsi nel posto in cui si trova. I loro percorsi si intrecciano con quelli delle altre donne, le cui storie rievocano scene già viste in C'è ancora domani di Paola Cortellesi. In particolare, una delle protagoniste rifiuta di essere asservita all'uomo-padrone di turno, interpretato da un truce Vinicio Marchioni, incarnando il coraggio di spezzare le catene di una relazione di sudditanza.
La scena finale è un vero e proprio omaggio al cinema. In un momento di grande suggestione visiva, sul set abbandonato, si odono le voci delle protagoniste, che celebrano il potere dell’arte di raccontare storie e di dare voce a chi spesso rimane nell’ombra. Questo epilogo non solo suggella il messaggio del film, ma rende Diamanti un’opera che parla di cinema attraverso il cinema, esaltando il valore collettivo e umano di questa forma d’arte.