Dopo la parentesi letteraria ritorniamo all’interno della cronologia narrativa e pertanto è venuto il momento di parlare di “Alien Romulus” del 2024, scritto e diretto dal regista uruguaiano Federico Alvarez.
La storia si svolge nel 2142 ossia 20 anni dopo gli eventi di “Alien” e 37 anni prima di quelli di “Aliens” (mettiamoci anche 5 anni dopo “Alien Isolation” e 17 anni dopo “Alien: Out of the Shadows”) e pertanto s’inserisce nella saga in mezzo ai Capolavori di Scott e Cameron (e nel frattempo Ripley e Jones fanno sogni d'oro…).
Nell’era post-Prometheus, inizialmente era stato il noto regista Neill Blomkamp (District 9) che nel 2015 aveva scritto “Alien 5” e tutto sembrava dare l’idea che nel 2017 il film sarebbe uscito nelle sale ma, all’improvviso, la 20th Century Fox cancellò la produzione (a causa dell’accavallarsi della produzione di “Alien Covenant”) e la sceneggiatura non fu mai più ripresa successivamente e di questo il regista sudafricano è sempre rimasto molto deluso.
La storia di Blomkamp sarebbe entrata in conflitto con il canone della saga in quanto avrebbe avuto come protagonisti il sergente Hicks e un’adulta Newt (entrambi personaggi che conosceremo in “Aliens”) insieme a Ripley.
Alvarez, fan della saga, nei primi mesi del 2021, sottopose a Ridley Scott l’idea di un suo “Alien” e il regista inglese fu entusiasta della proposta e si dichiarò pronto a produrre la pellicola. Parallelamente Alvarez chiese a James Cameron se era disposto a fare da consulente (ruolo non accreditato ufficialmente) e il regista americano accettò.
Alvarez, dopo molteplici indecisioni, alla fine decise di far svolgere gli eventi in mezzo ai due film-icona della saga, sicuro che con due collaboratori come Scott e Cameron non avrebbe commesso alcun errore di coerenza narrativa, rispettando le due pellicole e il canone.
Le cose però non furono così facili ed immediate per il regista: il canone includeva anche i romanzi (soprattutto la trilogia del 2014) ed “Alien Isolation”…
Alvarez pertanto dovette riprendere la lettura di alcuni libri e rivedere tutto “Isolation” che diventerà una delle fonti principali d’ispirazione visuale del film (aggiungendo anche alcune cose del videogioco “Dead Space” del 2008 ad opera della Electronic Arts) per rispettare il tutto alla lettera.
Le riprese di Alvarez seguirono lo stesso schema usato da Scott nel 1979: le scene vennero interpretate in ordine cronologico senza che gli attori sapessero nulla di come la trama si stesse evolvendo, inoltre nel momento in cui un personaggio moriva, il relativo attore non poteva più mettere piede sul set e assistere alle successive riprese.
Dato che la produzione di “Romulus” era partita in piena pandemia, la 20thCentury Studios (che nel 2019 era stata acquistata dalla Disney la quale, l’anno seguente, cambierà nome alla casa cinematografica cancellando lo storico “Fox”) aveva deciso che il film non sarebbe andato nelle sale ma sarebbe stato trasmesso unicamente in streaming e per tale motivo abbassò il budget portandolo ad 80 milioni di $.
Nel 2023 sembrava quasi certo che il film sarebbe stato mandato in onda sulla piattaforma Hulu della Disney ma poco dopo l’inizio delle riprese quest’ultima cambiò idea e Alvarez poté finalmente sorridere, il suo film sarebbe andato nelle sale.
Il regista nutriva talmente tanto rispetto per Scott e Cameron che inviò ai due una prima sintesi delle riprese già effettuate quando ancora il film non era terminato: i due registi si complimentarono per il lavoro svolto e addirittura James fornì una serie di appunti preziosi per il proseguimento delle riprese.
Nel 2024, nella settimana di ferragosto, il film arriva nelle sale e i risultati sono sbalorditivi: solamente tra il 14 e il 15 agosto incassa 20 milioni di $ in Europa, 14 milioni in Asia, 26 milioni in Cina e 42 milioni negli USA.
Alla fine la pellicola incasserà 350 milioni di $ diventando il secondo incasso della saga dopo “Prometheus”: Alvarez aveva vinto la sua scommessa.
Abbandonando le note produttive, entriamo finalmente nel vivo e vediamo di cosa parla “Alien Romulus”.
Il film presenta dei nuovi personaggi e nuovi luoghi mai visti in ambito cinematografico.
Come da prassi, rinnovo l’invito a non continuare la lettura se non si è visto il suddetto film.
La protagonista risulta essere Marie Raines Carradine soprannominata “Rain”, interpretata molto bene dall’attrice americana Cailee Spaeny (qualcuno se la ricorderà in “7 sconosciuti a El Royale”, in “Priscilla” e in ”Civil War”), una giovane agricoltrice che, successivamente, diventa operaia in un centro di estrazione mineraria denominato “Jackson’s Star”.
Rain cresce nel pianeta LV-410 (dove si svolge la prima parte del film), un luogo dove sono presenti meno di 3000 persone, situato a 65 anni luce dalla Terra e dove gli androidi o, per meglio dire, i sintetici non sono affatto graditi dalla popolazione per la tendenza che hanno di osservare rigidamente le direttive che vengono loro impartite senza valutare altri aspetti.
I genitori di Rain, nel proseguo della loro attività nelle miniere, si ammalano a causa dell’aria avvelenata e diventano, di settimana in settimana, sempre più deboli e malati. Il padre intuendo che, la morte per lui e per sua moglie arriverà a breve, decide di riprendere da un cassonetto dei rifiuti un androide appartenente al modello ND-255 della Compagnia, una generazione ormai ritenuta obsoleta sotto tutti gli aspetti e riportarlo in attività impartendogli solo una direttiva: prendersi cura di Rain e agire per il suo bene.
Dopo la morte dei genitori, “Andy” (così viene battezzato dalla giovane Rain, interpretato dall'attore David Jonsson) risulterà essere un fratello maggiore piuttosto che un padre per la giovane ragazza e questo a causa della sua I.A. non particolarmente evoluta e, anche a causa del contesto in cui i due vivono, deve essere Rain a prendersi cura di Andy evitandogli la distruzione o la disattivazione da parte del resto dei minatori.
Il sogno di Rain e di tanti altri operai è quello di arrivare al limite delle ore previste per abbandonare l’LV-410 (un pianeta con un habitat decisamente ostile poiché ancora non del tutto terraformato, dove la luce del Sole non riesce a filtrare a causa di uno spessissimo strato di dense nubi nere e di polvere) e ottenere la libertà per viaggiare verso Yvaga-III, un pianeta totalmente terraformato con un habitat ideale che però non è affiliato alla Weyland-Yutani e che quindi non concede la residenza agli androidi.
Rain si reca all’Ufficio degli Affari Coloniali perché, secondo i suoi calcoli, ha raggiunto il limite per ottenere il visto ma la Compagnia, avendo in quel momento scarsità di personale, decide arbitrariamente di raddoppiare il limite utile, pertanto le 12.000 ore di lavoro svolto non bastano più ma ce ne vogliono altre 12.000 per andare via (ipotizzando 12 ore di lavoro al giorno e utilizzando il sistema di calcolo terrestre, Rain dovrà rimanere ancora 1000 giorni ossia quasi tre anni in più…).
Rain è moralmente distrutta, tutte le sue speranze sono naufragate e adesso non sa più cosa fare.
Subito dopo la tristissima notizia, viene contattata da Taylor Harrison, un suo amico, che la invita a venire immediatamente a trovarlo nel suo alloggio, non dimenticando di portare anche Andy; arrivata, lo trova in compagnia della sorella minore Kay, del loro cugino Bjorn e della sua sorella adottiva di quest’ultimo, Navarro.
Taylor, a differenza dell’amica, ha capito che la Compagnia sta prendendo in giro tutti e che nessuno andrà mai via da Jackson’s Star e pertanto sprona Rain a svegliarsi e a guardare in faccia la realtà.
Il gruppo informa la ragazza di aver trovato una astronave abbandonata che, da tempo, sta orbitando intorno all’LV-410 e dato che il viaggio per Ivaga-III durerà 9 anni appare obbligatorio usare le capsule per l’ipersonno ma questo tipo di dispositivi non sono presenti sul pianeta.
Taylor ha individuato la presenza di tali capsule all’interno di questo relitto, pertanto il piano è gia fatto: si decolla da Jackson’s Star, si esce dall’atmosfera del pianeta, si attracca al relitto, si prendono le capsule, si trasportano sulla loro navicella “Corbelan IV”, ci si mette tutti in ipersonno e ci si sveglierà poco prima di arrivare a destinazione. Sembra tutto facile ma essi devono compiere tutte queste fasi prima che l'astronave si disintegri impattando con gli anelli di asteroidi che circonda il pianeta.
Rain è consapevole che Andy non potrà mettere piede su Ivaga-III e, inizialmente, è restia a partire con il gruppo ma subito dopo capisce che nel posto in cui si trova non c’è alcun futuro, ne per lei e neanche per suo “fratello” e pertanto accetta la proposta di Taylor rimandando la questione di Andy quando si arriverà a destinazione…
La Corbelan IV decolla e in pochissimo tempo attracca alla “Renaissance” che non era esattamente quello che si attendevano i ragazzi: è una stazione spaziale e non una semplice astronave.
Da qui parte il film che si rivelerà essere pieno di azione e di sangue come ai tempi di “Aliens”, in totale opposizione ai due capitoli prequel di Scott certamente caratterizzati da una maggiore profondità narrativa e una maggiore introspezione dei personaggi e da un alone filosofico in costante evoluzione a scapito però dell’elemento azione che, seppur presente, risulterà essere non predominante e narrativamente messo in secondo piano.
“Alien Romulus” è un tentativo riuscito di tornare all’essenza nativa, all'essenza più pura dell’Alien del ’79 e ancor di più dell’Aliens di Cameron (ricordiamo il mantra “Nello Spazio nessuno può sentirti urlare”): ci sono dei mostri alieni da cui si viene attaccati e da cui bisogna difendersi in uno spazio chiuso dove le vie di fuga sono poche e le strategie da adottare devono essere scelte molto velocemente ed eseguite senza indugi (praticamente il modo di giocare tipico in “Alien Isolation” se si vuole sopravvivere).
Passiamo ad analizzare il film da diverse prospettive.
Da un punto di vista visuale (scenografie, VFX, ambientazione) il film è infarcito di citazioni relative all’Alien originale, a quello di Cameron e ad “Isolation”: tali citazioni vengono definite, in modo popolare, “fan service” ossia degli elementi presenti nel film che la produzione inserisce nelle scene al fine di attrarre l’attenzione e l’approvazione dei fan.
Molto serenamente posso affermare che, nonostante la numerosa presenza di tali elementi (in alcune scene sembra di trovarsi veramente dentro “Isolation”), il livello qualitativo generale della pellicola non ne risente (d’altronde la percezione è soggettiva, se non si è mai giocato al videogioco o non si sono mai letti alcuni romanzi, la presenza di questi elementi passa inosservata).
Da un punto di vista narrativo la trama deve parecchio ad “Alien: Out Of the Shadows” e per chi ha letto il romanzo le citazioni sono evidentissime.
Da un punto di vista cinematografico la pellicola funziona perfettamente come episodio unico anche e soprattutto per gli spettatori che non hanno mai visto nessun film della saga: ci sono tutti gli elementi fondamentali da conoscere (alieni, androidi, Compagnia, etc.) anche se si è all’oscuro di tutto quello che è accaduto in passato o accadrà in futuro.
Dal punto di vista della coerenza narrativa Alvarez ha fatto centro: nessuna incoerenza con il canone, obiettivo raggiunto.
Pertanto ci sono solo aspetti positivi?
No, i lati negativi sono presenti e passiamo subito a descriverli.
Il film, narrativamente parlando, non aggiunge nulla di nuovo alla saga, nessun nuovo tema da approfondire (a differenza dei due prequel) e quindi per gli appassionati può apparire come un deja-vu, uno spreco di tempo e denaro per non aggiungere nulla che non si conoscesse già.
Seppur vero, questo giudizio deve però essere inserito e opportunamente pesato all’interno del contesto narrativo della saga dove regna, incontrastata, di romanzo in romanzo, di fumetto in fumetto, la guerra tra gli alieni e gli umani, la guerra tra quest’ultimi e la Compagnia, punto.
I temi inseriti da Scott nei due prequel sono delle “anomalie”, se osserviamo la saga nella totalità del suo canone e per quanto affascinanti siano i temi affrontati in quelle pellicole, la narrazione assume una struttura notevolmente differente dal resto degli altri film, che piaccia o meno.
L'uso della CGI per definire l'identità di un importante personaggio del film (Rook) ha suscitato notevoli polemiche, praticamente identiche a quelle relative alla nuova trilogia di “Star Wars” in relazione ai personaggi interpretati da Peter Cushing e Carrie Fisher non più in vita anche se qui la questione è ancora più imbarazzante.
In “Star Wars” le due ricostruzioni in CGI vennero usate per impersonare i personaggi originali vista l'assenza fisica degli attori mentre in “Romulus" si utilizza la faccia di un attore defunto per impersonare un altro personaggio che in passato non era mai comparso…
Alvarez si è difeso adducendo determinate questioni ma, personalmente, ritengo che la scelta sia stata di cattivo gusto, punto.
Si poteva usare una qualunque identità (per esempio uno dei sintetici di “Isolation” che fanno venire i brividi) ma aver, volontariamente, scelto di riprodurre un attore defunto (sebbene con il consenso della famiglia), fin dalla visione in sala, mi è apparso come un punto a sfavore.
IL FUMETTO
I primi cinque minuti della pellicola rappresentano il prologo del film ma, concretamente, costituiscono l’inizio del fumetto di “Alien Romulus” pubblicato il 23 ottobre 2024 che narra, nei dettagli, tutto quello che è accaduto sulla “Renaissance” (fin dal recupero del primo Alien da parte della Compagnia) e che spiega chiaramente alcune cose che nel film sono solo minimamente accennate, eventi che il gruppo di ragazzi si sono, fortunatamente, persi…
All'indomani della presentazione del fumetto, Steve Asbell, capo della 20th Century Studios, ha dichiarato che il progetto per il sequel di “Alien Romulus” è gia partito e la Spaeny e David Jonsson (l'attore che interpreta l'androide Andy, autore di una prova maiuscola) saranno presenti.
Chi vivrà vedrà…