Un Nosferatu di belluina, formidabile potenza scenica che reinterpreta il film di Murnau in un racconto di ossessione e corruzione, e trasfigura il mostro succhiasangue in oscura e potente incarnazione dell'Oscurità, o forse del lato più oscuro della natura umana, reso potente dalla stessa bigotta repressione che vorrebbe annullarlo ("ero un appetito. Tu mi hai risvegliato") - o curarlo a base di corsetti, etere e più o meno educate versioni di "tu sta' zitta, donna".
Il tutto narrato con meraviglioso panneggio di figurativa, espressionistica bellezza. Ci tiene molto, Eggers, a rendere figurativamente perfetto lo scenario del suo racconto, foss'anche solo per aumentare il raccapriccio quando quella nitida perfezione da cartolina verrà contaminata dalla presenza del demonio, della sua peste, e dei suoi topi (oddio, mostrata... Suggerita, diciamo, chè agli autori proprio non piaceva l'idea di sporcare la nitida lucentezza del paesaggio) così come ci tiene (anche troppo) a trasformare la storia in una guerra personale tra la donna che "in un'altra epoca avrebbe potuto essere una sacerdotessa di Iside" e il Demonio che la stalkera, con l'intera città, o forse il mondo, trasformata in ostaggi o vittime collaterali di quella guerra, e gli uomini a caccia del Vampiro in semplici spettatori o aiutanti di secondo piano, con l'unica eccezione della macchietta interpretata da Willem Defoe, che però, si badi, in fondo altro non fa se non ripetere "lasciate fare alla donna!". C'è da chiedersi se non sia troppo scopertamente ostentato il sottotesto sessuale (di cui il vampiro è sempre stato metafora, il pubblico lo sa, non c'è bisogno di spiegarla, la metafora! Nemmeno se quello che stai tentando di fare è spostare il significato metaforico del racconto hai bisogno di spiegare la metafora, provaci, a lasciare qualcosa di ambiguo nella tua storia, il racconto dell'orrore, e il racconto gotico dell'orrore ancora di più, vive di ambiguità e prospera nelle metafore) , ma soprattutto resta da capire per quale motivo la sceneggiatura sembri soffrire di crisi di identità, sembrando a volte intenzionata a fare il remake dell'Esorcista più che di qualunque versione di Dracula e spingendo la povera Lily Rose Depp a peccare di entusiasmo nei suoi tentativi di dimostrare di saper anche recitare nelle occasioni in cui la sceneggiatura non le impone il ruolo di una versione vittoriana di Regan. Tuttavia val la pena di vederlo anche solo per godersi il paesaggio o gli effetti di luce, colore, ombre, e un vampiro concettualmente molto diverso dai gentiluomini ben vestiti cui il cinema ci ha abituato almeno da Christopher Lee in poi.
Promosso con qualche riserva.