Come al solito mi ritrovo a scrivere a giorni dalla visione.
Eppure stavolta l'aver aspettato era, per certi versi, una cosa voluta.
Appena finito Nope, infatti, avevo la sensazione che avrei percepito la portata del film solo dandomi un pò di tempo per pensarci.
E così è stato.
Non so dire quale sia dei magnifici 3 film d'esordio di Peele il mio favorito.
Forse quello "più perfetto" resta Get Out anche se, bisogna dirlo, è di gran lunga il meno ambizioso dei tre (e si sa che ambizione e perfezione sono due cose quasi impossibili da portare avanti insieme).
Us era invece un gigantesco film metafora (soprattutto politico) che mirava tanto in alto e, anche nella struttura stessa, era molto più difficile da "tenere su" insieme alla perfezione.
Nope è un film che, come il cielo di cui parla, va ancora più su, probabilmente così in alto che noi, da quaggiù, oltre le poche cose che percepiamo poco possiamo dire.

Ed è difficilissimo trovare un lato dove prenderlo, uno dei tanti.
Credo che quello più evidente, e forse anche quello più emozionante, sia l'immenso amore per il cinema che questo film ha dentro.
Quando Em va negli Studios per candidarsi racconta di un serie di fotografie in movimento che, a detta sua, sono il primo esempio di cinema nella storia.
In quelle foto c'è un fantino nero a cavallo, due galoppate, niente di più.
Questa scena, in quel momento poco significativa, a fine film diventerà invece probabilmente l'anima dell'intero film.
Ovvero un film che omaggia il cinema nelle sue vesti più povere, autentiche, sincere.
Nel prologo, se non mi sbaglio, vediamo questo fotogramma del fantino nero in fondo ad uno strano tunnel, tunnel che, scopriremo poi, è la "pancia" del mostro.
Quasi un immagine simbolo di tutto quello che il film mostrerà, ovvero un percorso avvincente, spettacolare, simbolico che alla fine vuole raggiungere quel fotogramma, quella sincerità, l'essenziale.
Non è un caso che i nostri protagonisti si ritroveranno a voler filmare l'Ufo (AKA la creatura) dapprima con un armamentario tecnologico e digitale da far invidia alla Nasa, poi, non riuscendoci, con una macchina da presa meccanica con pellicola (e ci sarebbero anche riusciti) per poi, però, avere l'unica immagine reale del mostro attraverso una singola, semplice, foto, peraltro realizzata tramite un'attrazione di un luna park (e la cittadina parco dei divertimenti ritorna dopo Us)
Una foto che viene poi dal fondo di un pozzo, da un luogo oscuro e nascosto che nessuno usa più.



Questo passaggio dalle mille telecamerine e device a quella singola foto originata dal fondo di un pozzo è, credo, la metafora più bella di un film che questo vuole raccontare, un ritorno alle origini, a quello che eravamo, allo scoprire che tornare all'essenza del cinema e del suo ruolo primigenio può e deve avere ancora un senso.
In questa cornice ho trovato bellissima anche la scena in cui il regista Holst va a morire pur di raggiungere l'inquadratura perfetta, la scena perfetta.
Non solo quindi riprendere la creatura vista dal di fuori ma anche dal di dentro.
Essere uccisi dal cinema per amore del cinema.
Non è un caso che prenda questa decisione dopo aver detto che "La luce è magica", frase iconica nel mondo del cinema usata quando - la cosa può durare davvero anche soli pochi minuti - si capisce che solo e soltanto in quel momento c'è la luce perfetta per girare una scena.
Luce solare, qualcosa di primordiale, non creata dall'uomo, una luce che arriva non preventivata.
Quella scena di "suicidio" credo sia la summa di tutto il discorso intrapreso da Nope riguardo questo aspetto, l'amore per il cinema e il "morire" per esso per regalare al pubblico qualcosa di indimenticabile e autentico.
Mentre gli altri 3 protagonisti, in realtà, pur essendo personaggi amabilissimi e assolutamente positivi, sono un pò la nuova generazione, quella della ricerca del successo, della fama, dei soldi, da raggiungere attraverso l'immagine (in questo caso le immagini del mostro).
E, come spesso accade, questo lo si fa usando tragedie, drammi, qualsiasi cosa possa sconvolgere il pubblico.
Vedere quella famiglia che per 3-4 giorni consecutivi accetta di poter morire (senza andare via da quel luogo e senza dire a nessuno quello che sta accadendo) pur di catturare un'immagine dell'Ufo è un pò simbolo di miliardi di cose che accadono oggi, da chi continua a riprendere col telefonino mentre assiste a delle tragedie (non ultimo il pestaggio a morte di Macerata) ai ragazzini che vanno in cima a grandi edifici e saltano da uno all'altro.
Si rischia la propria vita o si filma il rischio di vita altrui perchè tutto questo, più che "documento" (come magari era per il regista, non a caso filmato a casa mentre guarda degli assurdi documentari in super 8 di animali) è uno spettacolo che possiamo far vedere agli altri e, magari, anche farci parecchi soldi (nel film spessissimo si fa riferimento ad Oprah, il personaggio simbolo del successo ormai raggiunto).
Chissà se in questo senso quel mostro possa essere anche metafora di come questa "corsa all'oro del successo" (il riferimento alla Gold Rush non l'ho fatto casualmente, vedere il film) alla fine porti solo alla distruzione. 
Se quel gigantesco spettacolo che tutti anelano alla fine non solo non porti a nulla, ma gli si rivolti contro.
Tutti guardano in su, tutti vogliono filmare e vedere quello show, quasi tutti ne moriranno.
Tornando a quanto ho detto sopra ecco che la contrapposizione è ancora più evidente, forse invece che guardare in alto (ambizione, successo facile, tecnologia, tragedia e dramma usati strumentalmente, sprezzo della vita in cambio di uno scoop e tanto altro), ecco, forse invece che guardare in alto sarebbe meglio non solo guardare in basso, ma addirittura nel fondo di un pozzo, laddove ritrovare la nostra autenticità e quella semplicità che, se ben usata, può comunque portarti a degli obiettivi (non a caso il film finisce con Em che, alla fine, una prova dell'Ufo ce l'ha).
H già scritto tantissimo ed ho parlato di un solo aspetto, peraltro non dicendo tutto quello che volevo dire.
Asciugare!



Ci provo.
Gordy, lo scimpanzè.
Innanzitutto - perchè alla fine in un film visivamente così maestoso anche di scene bisognerà parlare - voglio dire che i 5 minuti del massacro di Gordy sono straordinari, vero cinema dell'orrore, della tensione, della pietà, dello sconcerto.
(anche il prologo non scherza)
Peele è straordinario nel raccontare queste due vicende, quella di Gordy nel passato e questa apocalittica della creatura nel presente in un montaggio alternato in cui le due cose si sfiorano migliaia di volte - sia in maniera fattuale (il personaggio del cinese sopravvissuto e il suo "museo") sia simbolica (il discorso dei predatori ad esempio) - senza però mai unirsi del tutto, senza però mai darci una spiegazione certa e univoca.
Eppure, a pensarci bene, i punti di contatto ci sono, e non pochi.
Innanzitutto, per chiudere finalmente (forse) il discorso principale, la vicenda di Gordy dimostra ancora una volta come in nome del successo e della spettacolarizzazione (lo scimpanzè era protagonista di una Sit Com), magari superando i limiti normali della natura, possa portare solo a sventura e tragedia.
E morte.
Alla fine tutte le persone morte per mano della creatura Ufo sono come gli attori morti di quella Sit Com, esseri umani che stavano assistendo ad uno spettacolo "non naturale" o cercando di produrne uno.
Eppure bisognerebbe ricordare che la Natura non sottostà ai nostri vizi.
Nè al nostro controllo.
E così sia Gordy che il mostro ce lo ricorderanno.
In realtà, se ci pensate bene, già all'inizio del film con quel cavallo che scalcia per nervosismo (lo stanno sfruttando e gli stanno togliendo la serenità) avevamo già la lettura di quello che vedremo fare da Gordy e da Jean Jacket.
E non è un caso che anche lì il cavallo venga guardato negli occhi.
Ecco, l'essere umano non può avere sempre il controllo delle cose, specie di quelle che, per natura, non gli appartengono.
Alla fine Nope, da questo punto di vista, è solo la favola della Rana e dello Scorpione in formato 1000 volte più grande.
E non è un caso che il secondo punto di contatto (oltre quello della spettacolarizzazione) tra la vicende di Gordy e quella dell'Ufo è quello del predatore, ovvero di quegli animali che per vivere cacciano e uccidono altri animali.
Gordy in realtà predatore non lo sarebbe ma in certe circostanze la sua natura, che è comunque di un essere più forte di quello umano, può venir fuori. Specialmente se stressato.
Come è un predatore Jean Jacket del resto.
Alla fine l'essere vivente più predatore resterà sempre l'uomo, ma solo perchè ha l'intelletto per costruire armi o metodi per sopraffare animali molto più forti di lui.
Non Jean Jacket però che, da buon Ufo (si dice sempre che gli Ufo siano più evoluti di noi) è sicuramente un animale in grado di sopraffarci senza difficoltà.
Eppure anche questa volta l'uomo, grazie alla sua intelligenza, riuscirà a farcela.
Ma avrà imparato la lezione?
Di sicuro non l'aveva imparata Ricky, il bambino sopravvissuto all'attacco di Gordy.
L'aver assistito a quel massacro (davvero terribile) non sarà per lui una lezione, anzi, da quella vicenda cercherà ancora di più di cercare soldi e fama.
Ma stavolta la creatura con cui vorrà farlo non avrà pietà di lui, come successe in passato.
A proposito, trovo che quella scena in cui Gordy porge il pugno a Ricky sia bellissima.
Ormai il massacro c'è stato, la psiche di Gordy sta tornando quella di prima, e quella povera scimmia, adesso, torna quella che è sempre stata.
Davvero commovente e bellissima visivamente quell'immagine dei due pugni.
Ma, a ben pensarci, anche Jean Jacket fa lo stesso davanti OJ (incredibile, 200 righe e non avevo mai nominato il protagonista...).
Quando, ormai mastodontica, gli si avvicina, i due si guardano ma lei non lo uccide, ci porta irrimediabilmente alla sequenza che ho appena citato di Gordy.
Alla fine qualsiasi animale, se rispettato e trattato nel modo giusto, è capace di reprimere il suo istinto omicida o, addirittura, andare in sintonia ed empatia con noi.

Ma Nope è anche un qualcosa di quasi mai visto prima.
Ovvero un magnifico film di fantascienza che, a ben vederlo, è quasi una parodia dei film di fantascienza.
Intendiamoci, il film ha sequenze terribili, terrificanti, violentissime.
Quella ad esempio del massacro di tutti gli spettatori del ranch con tutte quelle urla (anche dentro il mostro, una volta mangiate) e la successiva colata di sangue nella casa degli Haywood è gigantesca, 5-6 minuti in cui stiamo a bocca aperta, inquietati ed affascinati.
Già che ci sono impossibile non ricordare la potenza visiva di questo film, con questo deserto, le sue notti, la minaccia nel cielo, stupenda.
Ma, tornando a sopra, questo è un film in cui per uccidere il mostro si pianifica un...piano in cui vengono usati dei gonfiabili ridicoli (resi immortali da una pubblicità nei Griffin) e dove, per dargli il colpo di grazia, viene usato un altro gonfiabile gigante (quello del ranch).
Un film da Guerra dei Mondi che poi diventa invece sfida tra predatore e preda per poi nel finale (che coraggio Peele, ma del resto i geni possono permetterselo) diventare ancora una cosa diversa, ovvero scontro tra un medusone gigante (che a volte sembra "finto", fatto si stoffa o tela) e il gonfiabile di un bambinone (che, tra l'altro, ha uno sguardo ammiccante, ti guarda negli occhi, per mantenere il fil rouge del mostro che attacca chi lo osserva).
Ecco, voi ditemi se un film serio e spaventoso di horror sci-fi può concludersi così.
Sì, e la cosa regge, e la cosa visivamente è superba, e la cosa emoziona persino.
Eppure Nope c'aveva messo tanto (per me troppo) prima di avere un cambio di ritmo, con una prima ora e un quarto secondo me molto "sfoltibile".
L'atmosfera c'era, la curiosità anche, ma tutto andava avanti in maniera abbastanza ripetitiva e con pochissimi guizzi (giusto quella vicenda di Gordy, sempre più emersa, mi teneva su).
Ecco, questo è un film dove accade una cosa che di solito, con me, funziona all'opposto, ovvero che più un film diventa "spettacolare" più mi allontano.
Qui no, qui le scene (Gordy a parte) più emozionanti sono proprio quelle "grandi", quelle degli attacchi della creatura, quella del prologo col padre, quella del massacro, quella di Jean Jacket evoluto e completamente "aperto", quella della sfida finale.
Eppure Nope non sembra mai un blockbuster (nel senso negativo del termine), anche nelle scene più maestose si respira sempre un'atmosfera opposta a quella di alcuni giocattoloni. Anche grazie a una colonna sonora (dentro ci metto anche i versi dell' "animale" e le urla umane) più inquietante che coinvolgente.
Buffo che un film "contro" la spettacolarizzazione alla fine risulti straordinario proprio in quell'aspetto, ancor più che nelle scene "intime" che di solito tanto amo (ma, attenzione, anche di quelle non ne mancano di belle qui eh).

(nel frattempo sono andato a mangiare una pizza, quindi adesso riprendere il filo del discorso è impossibile, la chiudo dai)


Quello che è certo è che Peele è riuscito a scrivere e girare 3 film unici, con delle idee dentro pazzesche, spesso ai confini del ridicolo (ma lui è un comico) eppure svolte in maniera talmente convincente che i suoi film, che a raccontarli possono sembrare stupidotti, non solo funzionano alla grande ma diventano opere dagli infiniti sottotesti, dall'incredibile profondità.
E così mi ritrovo a fine film con la sensazione di aver visto un grande film che ha bisogno di crescere dentro di noi.
E mentre pensavo questo parte come titoli di coda un pezzo western.
Lì per lì mi sembrava strano.
Poi mi son detto che è vero
Nope è un western
Un deserto.
Due sfidanti a duello.
Occhi che si guardano.
E' un western.
E' un fantascienza.
E' un horror.
E' un film metafora.
E tanto altro.
Che bello