Men

Per prima cosa, ci tengo a dirlo anche se chi bazzica qua lo sa benissimo, qualsiasi cosa dirò di Men è frutto solo e soltanto della mia visione e della mia interpretazione.
So che dentro questo film - è palese - ci sono simboli e riferimenti molto espliciti ma sono a cose che io, però, non conosco.
Questo è un blog e come tale - secondo me - dovrebbe sempre essere specchio e voce di chi lo tiene, come fosse un diario personale.
Quindi se volete cercare interpretazioni più esaustive e corrette del film andate in rete, sono sicuro ce ne saranno moltissime.
E se volete riportarle qua in commento sono contentissimo, renderete il post molto più interessante e completo.
Però, ecco, il mio suggerimento è sempre quello di guardare i film con i propri occhi, sforzarsi tanto di tirar fuori idee proprie e solo poi, semmai, andare a cercare in rete le grandi Risposte.

Terzo film di Garland e seconda conferma che io e questo autore abbiamo molta affinità elettiva.
Dopo lo strepitoso debutto con Ex Machina e dopo quel gran film che è Annientamento ecco che Garland si tuffa nel thriller psicologico, in un film molto ostico, di grandissima suggestione ma anche di tanto rischio.
Sì perchè Men non è un film per tutti. E quando io dico queste frasi lo dico in senso orizzontale, non verticale. 
Non quindi perchè è un film a cui tanti non possono arrivare (odio sto concetto) ma un film che ha un taglio così particolare da, evidentemente, non poter incontrare i gusti di tanti.




Harper (una strepitosa Jessie Buckley) è una donna che ha appena perso il marito, in modo davvero tragico.
Decide di fare quindi un piccolo viaggio esistenziale nella campagna inglese, in una casa stupenda immersa nel bosco vicino ad un piccolo paesino.
La sua permanenza è sconvolta dalla presenza dei minacciosi abitanti del luogo e dai ricordi personali della tragedia appena successa.

La Buckley, dopo il grandissimo "Sto pensando di finirla" qui di Kaufman, torna in un film molto simile come atmosfera, denso, angosciante, psicologicamente devastante.
E, restando a Kaufman, è molto interessante vedere un'altra analogia, ovvero quella col suo splendido (e anch'esso molto angosciante) film d'animazione Anomalisa.
Sia là che in questa opera terza di Garland avremo l'escamotage degli stessi volti per tutti i personaggi, anche se con due significati molto diversi, anzi, analizzando le tematiche direi quasi opposti.
Non mi stupirei se, vista la scelta della Buckley e questa somiglianza trai due film, Garland fosse un grande estimatore e studioso di Kaufman.
Sono due registi che volano sempre alti, molto ostici entrambi, anche se la scrittura di Charlie resta unica al mondo e difficilmente paragonabile a quella di qualsiasi altro.

Garland prende molto dalle sue precedenti opere, eccome.
Intanto in tutte e 3 c'è la presenza del bosco, anche se i paesaggi naturali sono sempre trattati in modo diverso.
Se in Ex Machina la natura tutta intorno è "gigantesca" e quasi atta a "incorniciare" e sottolineare la solitudine della splendida casa del genio protagonista (e anche in Men avremo una casa magnifica, solitaria, incastonata nella natura), se in Annientamento invece la stessa natura - egualmente sconfinata - ha una valenza straordinariamente metaforica (il tumore, le metastasi, l'autodistruzione) qui, se vogliamo, ha un significato più "classico", ovvero quello del luogo perturbante, minaccioso, fucina di disagio e orrore interiore ed esteriore.
Garland è eccezionale nel restituirci questi luoghi, i suoi film hanno immagini mozzafiato e, cosa molto particolare viste le tematiche, sono sempre luminosissimi.
Anche in questo Men ci sono almeno un paio di scene nel bosco - per l'appunto luminose - da togliere il fiato, vedi quella sottolineata dalla musica classica. Un pò come in Midsommar il terrore e l'inquietudine possono essere illuminati anche da luci potentissime e svolgersi in plein air.
Ne approfitto per la mia solita - misera e povera - unica riga sulla colonna sonora, variegata (si passa da brani pop a musica classica a scene in cui è composta unicamente dalla eco delle parole della protagonista).
Molto particolare la scelta dell'ultimo brano, forse "strana" (troppo leggero per quello che abbiamo visto) ma in perfetta sintonia con il significato del finale.
La regia di Garland è esatta, perfetta, ogni inquadratura è puro occhio e geometria, senza dare mai però la sensazione di un'ossessione in questo senso.
Siamo davanti, però, ad uno di quei registi in cui le bellissime confezioni (e nel cinema una bellissima confezione è sempre appagante) sono sempre e comunque al servizio di contenuti molto importanti.
Garland ha bisogno di parlare di cose, è evidente, e che sia maestro nell'estetica è solo uno splendido corollario.
Dico subito (oddio, subito, ho già scritto fin troppo) che Men - film di cui ogni 5 persone che me ne hanno parlato 4 lo hanno massacrato- non è un mezzo capolavoro nemmeno per me.
E' faticoso, ha una struttura che tende un pò troppo alla ripetizione, ha l'idea dello stesso volto che sì lo rende inquietante ma dà ad alcuni personaggi anche una piccola aurea macchiettistica.
E sì, il ritmo può sfiancare ma questo avviene quasi sempre quando il ritmo di alcuni film - come questo - non è tanto basato su fatti esterni che accadono ma su processi interni psicologici. E in Men ogni cosa che accade è metafora e figlia di qualcosa che sta accadendo nella testa di Harper, tanto che potremmo pensare che tutto quello che vediamo - dalle location, ai personaggi, alle azioni - sia assolutamente soltanto immaginato (non sto dicendo che lo sia ma ai fini dell'interpretazione poteva esserlo).



Ok, ma quindi di cosa parla Men?
Inizialmente potremmo pensare che sia un film sull'elaborazione del lutto, con tutte le fasi che questa elaborazione richiede e tutti i fantasmi che crea.
Non che questa lettura non ci sia, ma è soltanto quella più manifesta.
In realtà, per me, questo è un film che parla di uomini e donne, di rapporti tossici e di, consequenzialmente, come questi possano influire per sempre nella nostra percezione dell'altro.
Harper ha avuto una storia con un uomo narcisista, tutto incentrato su sè stesso e che le faceva pesare, in modo subdolo, qualsiasi cosa.
Arrivare a dire alla persona amata "mi ucciderò e tu ti sentirai in colpa per sempre per questo" credo sia una delle cose più terribili che si possano fare.
(tra l'altro scena bellissima)
Lui, poi, il suicidio lo commetterà veramente e quindi quelle parole diventeranno macigni.
Ma Harper aveva già cominciato un processo di distaccamento e di maggior amor proprio, era ormai convinta della scelta di lasciarlo e quel tremendo schiaffo che riceve non è altro che la certezza finale.
Harper decide quindi di intraprendere questo viaggio esistenziale, di recupero di sè, e di eliminazione di tutte quelle tossine che aveva addosso.
Da qui inizia il vero e proprio film nella sua testa.
Tutti gli uomini che incontrerà in quel paesino (attenzione, questa cosa non poteva accadere nella città dove viveva, serviva proprio un luogo-altro, metaforico) avranno lo stesso volto.
Non è il volto del marito (il significato del film sarebbe stato lo stesso ma avremmo avuto tutt'altra sceneggiatura, tutt'altra atmosfera, e il significato troppo manifesto) ma quello del suo locatario, il primo uomo incontrato in questo viaggio fuori di sè e al tempo stesso dentro di sè.
E' un uomo buono ma in qualche modo infido, ambiguo.
Ecco, da qui in poi ogni uomo incontrato in quel paese rappresenterà una tipologia di maschio che, vista la relazione tossica avuta in vita, Harper vedrà in maniera pericolosa e subdola.
Da, appunto, il locatario che sembra affabile ma in realtà nasconde un lato che mette i brividi al ragazzino che la insulta pesantemente, dal poliziotto che non la protegge al prete che finge di starle vicino quando in realtà la giudica e, sotto sotto, la desidera, dagli avventori del bar che arrivano a molestarla a casa fino all'uomo nudo, immagine simbolo una per tutti del maschio, che la terrorizza continuamente.
Harper, ormai, per ovvie e motivate ragioni, ha questo concetto degli uomini, dei "Men" e tutto quello che pensa di loro viene trasposto in questi diversi personaggi con un solo volto, ognuno una faccia diversa di un Uomo comunque sempre uguale, un uomo di cui aver paura, di cui non fidarsi, un uomo pronto a giudicarti, tradirti, usarti psicologicamente e, finanche, violentarti.
E' quel "pregiudizio" che molte donne sono costrette a formarsi, dopo aver avuto esperienze terribili con uomini altrettanto terribili. Sarà difficile per loro (come del resto per noi rovesciando le cose) avere di nuovo fiducia nell'altro sesso e non vedere i nuovi uomini con gli occhi feriti, impauriti, martoriati ma anche più consapevoli che si sono formati con le relazioni precedenti.
E' un pò quello che avviene quando bambine o ragazzine vengono stuprate, quasi sempre il loro rapporto col maschio è rovinato per sempre.
Questo pregiudizio (mi riferisco all'esempio di Harper, non all'ultima frase) è sbagliato ma assolutamente condivisibile. 
E Harper è appena uscita da quella storia e da quel suicidio, magari le cose più avanti cambieranno.
Ovviamente, accanto a questa nuova, terrifica, visione che ha adesso Harper verso l'Uomo, c'è anche un bellissimo percorso personale di crescita, indipendenza e rafforzamento, evidentissimo nelle scene finali.




Se infatti all'inizio del film Harper è terrorizzata da tutto quello che le accade, poi, più andiamo avanti più inizierà a capire, a gestire, fino addirittura ad arrivare a un finale dove si sentirà più forte del "mostro", mostro che ormai le fa quasi pena e non più paura.
Non è un caso che quando finalmente il giochino viene svelato (gli uomini diventano un'unica creatura e quella creatura si trasforma nel suo ex marito) lei risponde stavolta a quel suo patetico parlargli (le stesse frasi del pre-suicidio) in modo quasi annoiato, "superiore", come a fargli capire quanto lui sia ridicolo e quanto ormai non possa farle più del male.
Ne approfitto per evidenziare come due film apparentemente diversissimi come Ex Machina e questo alla fine parlino entrambi di donne manipolate, manovrate a proprio piacimento da due narcisisti, e poi capaci entrambe di ribaltare la situazione, l'androide del primo film con l'intelligenza, Harper con la consapevolezza.
Entrambi i film finiscono con donne ormai libere dal loro "creatore-carceriere", capaci di riscoprirsi come esseri a sè stanti ed affrontare la nuova vita in modo autonomo.
(la risposta di Harper nel finale è assolutamente equiparabile al finale di Ex Machina, non certo per accadimenti, ma per significato, un "non ho più bisogno di te").

E' anche vero che in Men di simboli ce ne sono tantissimi altri. Ma, come dicevo, non credo siano alla mia altezza. 
Anche se, qualcosa, arrampicandomi e leggendo tutto nella mia ottica, posso dirla.
Harper appena arriva mangia la mela dell'albero, inutile dire che richiamo abbia.
Ma, se ci pensiamo, la punizione per quella mela (donna, partorirai con dolore, uomo...) rappresenta in qualche modo il ruolo che hanno donna e uomo nella vita di tutti i giorni. Insomma, proprio il contesto dal quale Harper sta cercando di uscire. Direi che quindi calza a pennello l'avere mangiato la mela come preludio nell'entrare in questo mondo orrorifico (che altro non è che il mondo che viviamo tutti i giorni, quello dei ruoli diversi e della divisione) dove lei si ritroverà, il mondo dal quale vuole staccarsi.

Il tunnel, specie se oscuro, è da sempre immagine inquietante e simbolo di un pericolo che non conosci ma anche probabilmente di un percorso che devi affrontare.
Anche questo credo sia calzantissimo, Harper deve affrontare quel tunnel (dove alla fine c'è l'uomo). 
L'eco lo vedo come un affrontarlo in maniera serena, forte, vitale, quasi un rassicurarsi (non a caso la voce nell'eco torna a te).
Come avevo detto all'inizio salto tutta la parte dei simboli pagani. Posso solo dire che mi sono sembrati riguardare la donna e il parto e, in questo senso, sempre collocabili nella mia lettura, ovvero quella di un mondo che dalla notte dei tempi dà alla donna un unico identico ruolo. Da quello cerca di fuggire (tra le altre cose) Harper.
E non è un caso che nel finale, nella magnifica e terribile scena del quadruplo parto, quella esperienza sia invece trasposta agli uomini, a significare tante cose ma, tra le tante, anche questo ribaltamento per cui, adesso che Harper ha completato il suo percorso, sta a "loro" prendere il suo ruolo, il suo dolore.
Ho pensato anche che quei molteplici parti significhino quello che dicevo anche qua sopra, ovvero il pregiudizio ormai indissolubile verso gli uomini.
Ogni uomo genera un altro uomo, ad libitum, e tutti sono uguali.
E tutti, se volete, alla fine sono come il suo ex marito, tanto che quello diventano (vedi anche le ferite che Harper gli infligge, identiche a quelle del marito suicida).
Ci tengo a dire un'ultima cosa.
Se è vero che il film racconta una tipologia di uomo orribile (la tipologia che Harper con la sua esperienza ha ormai creato, ma anche, oggettivamente, la tipologia reale di molti uomini) è anche vero - e questo li fa diventare ancora più piccoli - che questo loro usare e  violentare (psicologicamente e non) le donne deriva in qualche modo da una loro inferiorità quasi autodichiarata.
E lo vedremo anche nel film

"Questo è il tuo potere
questo è il controllo che eserciti"

si sente dire Harper

Perchè (e lo avevamo affrontato nel bellissimo Il Sabba) è questo il potere che hanno le donne, quello di far impazzire gli uomini che poi, essendo più forti fisicamente, si vendicano su loro stesse.
Ma il potere che esercitano gli uomini su alcune donne è appunto il potere di un debole che non sa riconoscere l'esatto opposto, ovvero che lei abbia più potere di lui, che lui dipenda da lei, in tutto e per tutto.

Ma torniamo ad Harper.
E' seduta in casa.
Ha visto quegli uomini partorirsi a vicenda, in modo penoso.
Lui è tornato.
Non è cambiato.
E' cambiata lei.
Esce, è stato un percorso dolorosissimo e di sangue, quasi come un parto.
Ma quel parto ha dato alla luce una donna nuova.
"Alla luce", in tutti i sensi