VERMIGLIO - DI MAURA DELPERO

Il film di Maura Delpero colpisce come un violento richiamo alla tragedia greca, un'eco di Euripide nel cuore delle Dolomiti.

La figura di Cesare, maestro, marito e padre, risuona come quella di un sovrano dell’Egeo: implacabile, ma non irreprensibile, domina una famiglia in cui le donne si ergono a protagoniste di un dramma universale.

 

Lucia, vittima ignara di un destino crudele, sua madre, che accusa il marito di non averle mai portato un fiore dopo ciascun parto, e Ada, la sorella cui viene precluso il futuro nonostante i buoni risultati a scuola, danno vita a un microcosmo femminile carico di forza e dolore. Come Medea, denunciano con il loro silenzio e le loro scelte la durezza del patriarcato: "Noi donne dobbiamo prendere un marito che sarà il padrone della nostra persona senza sapere se costui sarà buono o cattivo."

 

L'accostamento tra i due antipodi geografici dell'Italia – il Trentino e la Sicilia – e la tragedia della guerra ("che inebetisce per sempre i superstiti") amplificano il dramma. Persino Cesare, in un raro momento di saggezza, si oppone al giudizio sui disertori: "Se disertassero tutti, non ci sarebbero guerre."

Eppure, il film non giudica. Non vi sono eroi né carnefici, ma solo esseri umani intrappolati nelle loro fragilità. Forse c’è speranza, per un mondo non necessariamente migliore, ma diverso. E in questa diversità, sta tutta la modernità di "Vermiglio".