C’è Abdou che è tornato dopo anni di assenza per rivendicare la proprietà del frutteto nel quale si svolge la vicenda e che lì ritrova Melek, il suo amore d’infanzia.

C’è Sana che vorrebbe che il suo fidanzato Firas fosse più tradizionalista ma nel frattempo posta foto sexy su Instagram.

C’è il piccolo caporale Saber che all’inizio flirta con Fidé per poi molestare la sorella Melek.

Ed infine c’è Fidé che è la più aperta di tutte queste ragazze, quella che chiacchiera e ride con tutti, che mette alla berlina l’ipocrisia altrui, si lancia in monologhi contro lo strapotere degli uomini, consiglia alle amiche di conquistare prima la propria indipendenza e poi pensare ad eventuali mariti ed infine diventa una leonessa quando Saber insidia sua sorella.

E poi ci sono le donne più anziane si lamentano del ginocchio che gli fa male, che guardano amorevolmente queste ragazze e che sognano di essere sepolte accanto al vicino perché è l’unico uomo che abbiano mai amato e si commuovono sino alle lacrime cantando storie disperate.

Il frutto della tarda estate è nato come progetto quasi estemporaneo nel momento in cui la regista Erige Sehiri (già autrice del documentario Railway men) ha incontrato la raccoglitrice di ciliegie Fidé Fdhili.

Da lì è nata l’idea di narrare questo mondo e di farlo attraverso l’arco di una singola giornata, scelta imposta soprattutto dal basso budget e dal fatto che la regista stesse già lavorando ad un altro progetto.

Dall’alba al tramonto nel frutteto di fichi che fa da sfondo alla vicenda seguiamo così lo svolgersi di un giorno come tanti altri attraverso gli occhi di questo gruppo di lavoratrici e lavoratori; i loro piccoli problemi, le loro truffe ai danni del padroncino e soprattutto i flirt, gli scherzi, i momenti di convivialità comune accanto ad un piatto di pasta o ad un the caldo.

Il frutto della tarda estate è un film piccolo e raccolto tanto leggero e soave quanto gentile.

Erige Sehiri sembra quasi accarezzare i protagonisti della pellicola, immersi nella luce calda dell’estate, mentre scherzano, si divertono, litigano, amoreggiano, piangono sul passato e sognano il futuro.

Attraverso questi piccoli frammenti di vita viene fuori un ritratto composito della Tunisia di oggi sospesa tra modernità e tradizione, tra voglia di emancipazione dei giovani ed in particolar modo delle donne ed il peso della tradizione e viene anche messo in scena il confronto tra la nuova generazione ed i rimpianti di quella più anziana che spesso ha dovuto rinunciare ai propri sogni.

Non sappiamo quale sarà il futuro di Fidé, delle sue amiche e dei suoi amici; se riusciranno a coronare i propri sogni o se rimarranno anch’essi prigionieri di un mondo che gli sta stretto.

Sappiamo che però alla fine basta poco a queste ragazze per ritrovarsi insieme, magari a truccarsi di nascosto in una casa o a cantare a squarciagola canzoni irriverenti sulle future suocere mentre il loro camioncino si avvia verso il tramonto e loro ridono felici con addosso tutta la freschezza e la gioia di chi è giovane ed ha una vita davanti.

EMILIANO BAGLIO