Già nel 2008 Romano Montesarchio con “La Domitiana. Dove non c’è strada non c’è civiltà” aveva offerto allo spettatore uno sguardo sull’incredibile realtà delle zone degradate ed abbandonate a sé stesse di Castel Volturno e dintorni. L’autore è tornato in quei luoghi con “Ritratti abusivi” presentato in concorso nella sezione Prospettive Doc Italia. Stavolta al centro della sua indagine c’è il Parco Saraceno che a suo tempo rappresentava il fiore all’occhiello del Villaggio Coppola. Nato negli anni ’60 il Villaggio Coppola, come ricorderà lo stesso autore in conferenza stampa, “doveva essere la Rimini del sud Italia”, poi l’abbandono della base americana lì presente, il successivo arrivo degli sfollati del terremoto ed infine l’occupazione abusiva delle case sfitte hanno trasformato questo idilliaco angolo di paradiso in un luogo fatiscente nel quale le case, letteralmente, cadono a pezzi, l’acqua è inquinata, il paesaggio deturpato da cumuli di immondizia e dove tutto è illegale, acqua, luce e gas. Gli abitanti del Parco Saraceno vivono alla giornata, ai limiti della sopravvivenza, in case piene di umidità, vecchie e fatiscenti. Non hanno soldi né lavoro e molti di loro hanno conosciuto il carcere. Il regista però non è interessato alla denuncia e dichiarerà; “Non avevo nessun intento critico o di giudizio né tantomeno di denuncia volevo far emergere l’umanità che c’è in quel luogo”. Montesarchio sembra essere pienamente consapevole del fatto che le immagini parlano da sé e non c’è bisogno di aggiungere altro. Ad interessarlo sono gli abitanti, le loro parole, le “interviste” nelle quali si rivolgono alla macchina da presa dialogando direttamente col pubblico, alle volte lasciandosi andare ad involontari atti teatrali degni di consumati attori. Si potrebbe rimanere attoniti ed impotenti dinnanzi a tanto degrado, chiedersi che razza di futuro possa esserci in un paese che permette esistano simili realtà. Eppure quello che emerge prepotentemente da questo film è proprio l’intensa umanità degli abitanti del Parco Saraceno. In questi luoghi dimenticati dalla società civile, dove lo Stato è presente solo per fare vane promesse alle elezioni (un porto turistico che probabilmente non verrà mai realizzato) oppure per reprimere (tagliare acqua e luce, arrestare i malviventi), queste persone hanno creato una micro comunità che assomiglia ai nostri paesi, dove tutti si conoscono e si aiutano, dove la vita si svolge pubblicamente e collettivamente. Forse veramente, come dice uno degli abitanti, questo è “il paese dei balocchi”, o più semplicemente è un luogo dove, nonostante tutto, vive un calore sconosciuto agli abitanti delle grandi metropoli. Ce lo ricorda il racconto di una delle donne che vivono nel Parco Saraceno che dopo essere andata per un periodo nella sua città d’origine è poi tornata al Parco Saraceno perché non riusciva a vivere lontana da quelle persone, dalle sue amiche, dai suoi vicini che sono diventati una seconda famiglia. Alcune delle cose che dicono gli abitanti di questi luoghi, in bocca ad altri, potrebbero sembrare frasi fatte e nient’altro; come l’elogio della famiglia vista come valore prioritario rispetto ai soldi e fondamentale per essere veramente felici, mente invece, dette da queste persone, hanno il sapore della verità. Il Parco Saraceno, Castel Volturno, questi luoghi, spesso vengono ricordati solo per fatti di cronaca, legati alla malavita e alla camorra, il film di Montesarchio ha invece il grande pregio di mostrarci l’altra faccia della medaglia. Ci mostra il degrado e l’umanità che vive in quel degrado, le vuote parole della politica contrapposte al forte senso dell’onore che hanno alcuni degli abitanti del luogo. Starà poi ad altri onorare questa dignità offrendo a queste persone una vita degna di un paese che ostina a chiamarsi civile.