2006, Mel Gibson viene fermato per eccesso di velocità e reagisce con una sequela di insulti razzisti ed antisemiti; sarà solo il primo di una serie di brutti episodi. Hollywood reagisce mettendo al bando l’attore nonostante gli incassi miliardari dei suoi film. Il nostro si ritira, prova a vincere la sua battaglia contro l’alcolismo e partecipa a pochissimi film sino a quando non si imbatte nella storia vera di Desmond T. Doss.
Doss, fedele della Chiesa cristiana avventista del settimo giorno, si rifiutava di imbracciare un fucile eppure, nonostante ciò, si arruolò come volontario nell’esercito nell’aprile del 1942, diventò soccorritore militare e fu decorato con la medaglia d’onore per aver salvato la vita a 75 soldati senza sparare neanche un colpo.
La sua vicenda sembra scritta apposta per essere portata sullo schermo da Gibson; un eroe fedele ai suoi ideali cristiani, costretto a confrontarsi con una società ostile che arriverà a processarlo per alto tradimento e che si riscatterà salvando vite umane in uno scenario di morte e distruzione. Elementi che ritroviamo in gran parte delle regie di Gibson a partire dal famosissimo La passione di Cristo. Probabilmente proprio l’identificazione tra il regista e Doss sono uno degli elementi principali che fanno di Hacksaw ridge un grandissimo film.
Ancora una volta Mel Gibson decide di intraprendere la via di uno spietato verismo e di una rappresentazione cruda e brutale della realtà, incurante delle accuse rivolte ai suoi film di essere troppo violenti. Lo spettatore viene letteralmente gettato in mezzo al fango e alle budella della seconda guerra mondiale tra corpi dilaniati che vengono bruciati vivi dai soldati. Tutta la seconda parte di Hacksaw ridge è una vera e propria lezione di cinema impartita a tanti giovani registi maniaci della camera a mano. Mel Gibson invece dirige con mano sicura e salda un film caratterizzato da un uso enfatico del rallenty e sequenze che grondano retorica, prima tra tutte quella in cui Doss (interpretato da Andrew Garfiled) viene tratto in salvo, ripreso come fosse un novello Messia. In mano ad un altro regista tutto ciò sarebbe risultato insopportabile ed indigesto ed invece qui nulla stona e tutto contribuisce a costruire un film potente proprio grazie alla sua sfacciatezza. Gibson non tentenna neanche per un attimo e se ne frega del politicamente corretto, ha solo l’ansia di offrirci un magnifico spettacolo che ci rapisca e nel quale non ci sia nessuno spazio per i dubbi. Doss è l’eroe senza macchia e senza paura, un cavaliere dai nobili ideali che si getta a corpo morto nella brutalità della guerra per portarvi il suo messaggio di speranza e che continua a salvare vite su vite, incurante della stanchezza, del pericolo, della morte che lo circonda, del sangue che è ovunque e del fango, pregando ogni volta Dio affinché gli dia la forza per poterne salvare ancora uno. Tutto il resto dell’opera è perfettamente funzionale al messaggio; tanto i compagni di Doss che prima lo disprezzano e lo sottopongono alle peggiori angherie quanto i giapponesi che ovviamente sono tutti brutti e cattivi. Sarebbe del tutto inutile ragionare intorno all’ideologia che sottende il film, così come era ridicolo indignarsi per il patriottismo sbandierato da Ridley Scott in Black hawk down.
Hacksaw ridge è un magnifico film di guerra in cui Gibson dimostra di essere un grande regista anche in tutta la prima parte, quella dove prima racconta l’amore tra Doss e Dorothy (Teresa Palmer) e poi il duro addestramento militare agli ordini del sergente Howell interpretato da un Vince Vaughn finalmente in un ruolo drammatico.
Gibson rende alla perfezione entrambi i momenti, passando dagli scenari idilliaci e rurali della Virginia alle dinamiche tra commilitoni senza che ci sia mai la benché minima sbavatura o il minimo cedimento ideologico.
Certo alcune dinamiche sembrano troppo semplicistiche o manichee, ad esempio i rapporti burrascosi tra Doss ed il padre alcolizzato che sono alla base delle scelte non violente del giovane soldato o ancora i rapporti tra soldati, già visti milioni di volte sullo schermo così come i loro caratteri.
Oppure si può pensare di avere a che fare con un regista che è capace di raccontarci benissimo i suoi personaggi anche se con poche pennellate neanche troppo originali. Quello che è certo è Mel Gibson è tornato prepotentemente alla ribalta con un film che non può essere ignorato, anche se probabilmente non vincerà nessun Oscar importante. A noi spettatori non importa, ci teniamo Mel Gibson per quello che è, con tutta la sua retorica, e lo ringraziamo per la sua straordinaria lezione di cinema.