Chi scrive ha visto Hunger Games: La ragazza di fuoco in anteprima all’ottava edizione del Festival Internazionale del Film di Roma; in una sala gremita di ragazzine urlanti ed adoranti, vestite come se si trattasse di una prima all’Opera. I più che giustificati atti d’isterismo davanti alla presenza fisica dei protagonisti del film, Jennifer Lawrence (Katniss), Josh Hutcherson (Peeta) e Liam Hemsworth (Gale), che hanno coinvolto anche il regista Francis Lawrence, hanno accompagnato più o meno l’intera proiezione, con fragorosi applausi che accompagnavano l’entrata in scena (nel film) dei tre protagonisti, così come il bacio tra Katniss e Peeta. Alla fine della proiezione le ragazzine erano esaltate e gasatissime, mentre i rispettivi genitori apprendevano con ansia che il “supplizio” non era finito lì visto che li avrebbe aspettati un terzo capitolo della saga, per di più diviso in due film. Probabilmente è in una simile atmosfera che si può godere al meglio l’esperienza di Hunger games, perché questi film sono rivolti proprio a quel pubblico composto da ragazzine adoranti ed urlanti. Non c’è niente di male in tutto ciò, anzi riteniamo che sia giusto che esista un cinema “d’evasione” rivolto specificatamente al pubblico degli adolescenti. Ogni generazione ha avuto i suoi film di riferimento e chi scrive, ad esempio, è cresciuto con Rocky ed Indiana Jones. L’importante è che si tratti di prodotti validi. In ciò La ragazza di fuoco patisce un po’ i limiti propri di tutti i capitoli intermedi delle trilogie. Diciamocelo francamente, il primo film, Hunger games, funzionava a meraviglia anche per chi non conoscesse neanche una riga dei libri di Suzanne Collins alla base della trasposizione cinematografica. Per carità, nulla di nuovo sotto il sole, alla fine si trattava di un survival movie, con un gruppo di ragazzini che dovevano ammazzarsi l’un l’altro per sopravvivere, con un vago contorno da fantascienza distopica, niente che non fosse stato proposto centinai di volte e però l’intrattenimento filava liscio come l’olio. Nel secondo capitolo invece qualcosa s’inceppa. Cominciamo dai lati positivi del film, innanzitutto i 146 minuti di durata non si avvertono minimamente ed anzi oseremmo dire che una durata maggiore avrebbe giovato al film permettendo di sviluppare meglio quegli aspetti, apparentemente secondari, che invece sono il succo della storia. Come il treno che trasporta Katniss e Peeta nel loro tour attraverso i 12 distretti che compongono la nazione di Panem, il film fila via a tutta velocità verso l’inevitabile finale aperto. Nella sua folle corsa il regista Francis Lawrence si è però dimenticato di approfondire la trama e soprattutto la psicologia dei personaggi. Innanzitutto La ragazza di fuoco presuppone che si sia visto il primo capitolo della trilogia, visto che allo spettatore ignaro non viene offerto nessun riassunto. La 74esima edizione degli Hunger Games si è conclusa e Katniss e Peeta sono pronti ad affrontare il tour che li porterà in giro per i vari distretti. Man mano che il tour prosegue i segnali di rivolta nei confronti del regime totalitario del presidente Snow si fanno sempre più palpabili mentre i due giovani divengono consapevoli del loro ruolo rifiutando di diventare semplici strumenti nelle mani del presidente, che li vorrebbe usare per placare gli animi. L’unica soluzione per il presidente Snow è preparare la 75esima edizione degli Hunger games, l’edizione della memoria nella quale si sfideranno alcuni dei vincitori delle passate edizioni. L’intento di Snow è quello di costringere Katniss ad uccidere i suoi avversari durante tali giochi così da distruggerne l’immagine. Inevitabilmente i suoi piani andranno in fumo (meglio non svelare troppo) ed il film si concluderà con Katniss che, salvata dai ribelli, si appresta a raggiungere il Distretto 13 che tutti credevano distrutto da tempo. Peccato che, innanzitutto, di questa rivolta praticamente non si veda nulla, se non per quanto riguarda la feroce repressione attuata nel distretto 12, quello di Katniss e Peeta, mentre per il resto dobbiamo accontentarci di qualche immagine vista di sfuggita da Katniss sui monitor di sorveglianza presenti sul treno. Peggio ancora per quanto riguarda le psicologie dei partecipanti alla 75esima edizione degli Hunger games, praticamente inesistenti. I vari personaggi vengono presentati frettolosamente, senza che praticamente nulla venga detto su di loro, nonostante abbiano un peso non indifferente nello svolgersi della vicenda. Alcuni scompaiono inghiottiti dai buchi di sceneggiatura, altri muoiono senza che lo spettatore riesca minimamente ad interessarsi ad essi. Infine anche gli Hunger games veri e propri, nonostante siano più ricchi e complicati rispetto al precedente film, vengono trattati frettolosamente e con sufficienza. Persino l’evoluzione dei personaggi principali viene accennata brevemente senza che sia mai veramente esplorata a fondo, tant’è che alla fine si rimane un po’ stupiti nello scoprire chi siano i ribelli che salvano Katniss (anche qui non vogliamo svelare nulla). Rimane il grande sfoggio di suntuose scenografie e costumi, soprattutto nella parte del film che si svolge nella capitale di Panem, Capitol city, ed un film che riesce a non far pesare la sua lunghezza e che anzi si lascia guardare tutto d’un fiato. Però si tratta solo di un innocuo bicchiere d’acqua, di una pellicola fatta al solo scopo di trasportare lo spettatore dal primo capitolo verso la conclusione della vicenda. Così, sul più bello, il film finisce, anche se, va detto, riesce almeno ad accendere nello spettatore che nulla sa dei libri della Collins la curiosità nei confronti di questo fatidico distretto 13. Se lo scopo del film era questo, di farci attendere con ansia il prossimo capitolo, allora il regista Francis Lawrence ha raggiunto il suo scopo. Per il resto le ragazzine sono uscite dalla sala contente e sarebbe sciocco chiedere di più a questa pellicola.