Ancora una volta alla Festa del cinema di Roma arriva sullo schermo una storia vera.
Dietro la macchina da presa ritroviamo Peter Farrelly (Scemo & più scemo, Tutti pazzi per Mary giusto per citare due titoli) che dirige, da par suo, una commedia irresistibile.
Lo schema è quello classico del cosiddetto buddy movie che vede due personaggi, apparentemente lontanissimi tra loro, che, messi insieme, impareranno a superare le reciproche differenze scoprendosi alla fine amici.
Stavolta da un lato abbiamo Tony Lip (Viggo Mortensen), buttafuori italoamericano al Copa rimasto momentaneamente senza lavoro.
Interpretato da un Mortensen sorprendente, ingrassato di 20 chili ed esilarante quando pronuncia battute in un improbabile italiano (il doppiaggio farà tabula rasa di tutto ciò), Tony ha una pancia prominente, è rozzo, ignorante e pensa solo a mangiare quantità allucinanti di cibo.
Si ritroverà costretto a fare da autista al pianista nero Don Shirley (Mahershala Ali) che è esattamente l’opposto, eloquio e modi raffinati da perfetto gentleman che vive sopra il Carnegie Hall.
Insieme i due attraverseranno gli Stati Uniti del sud in un’epoca, gli anni ’60, in cui razzismo e segregazione di fatto sono ancora una realtà.
Nonostante l’abisso che li separa i due protagonisti della pellicola hanno in comune un forte senso dell’onore e della giustizia.
Certo, apparentemente, Lip è pieno di pregiudizi razziali e da parte sua Shirley è un nero sui generis, completamente diverso dai suoi fratelli.
Eppure sono entrambi vittime, a modo loro, dell’emarginazione. Il primo perché italoamericano, cresciuto nella comunità chiusa e solidale del Bronx che è al tempo stesso un ghetto dal quale sembra impossibile uscire. Abituato a farsi strada tra piccole attività criminali e menzogne Lip nel corso del viaggio farà sempre più fatica a digerire la segregazione razziale e le continue umiliazioni alle quali è sottoposto il suo datore di lavoro.
Shirley è ancora più emarginato di lui. È nero ma non suona e non ascolta la musica dei neri, non mangia pollo fritto (al centro di alcune tra le scene più divertenti del film) ed il suo lavoro lo ha portato ad perdere sia la moglie dalla quale ha divorziato sia il fratello con il quale non ha più contatti.
Attorno a loro il sud degli Stati Uniti, stati dove Shirley viene accolto tra mille onori ma è poi costretto ad alloggiare in fetidi motel per soli neri, non può usare i bagni delle case dove suona e neanche mangiare negli hotel dove si esibirà.
Sarà proprio lo scontro con questa realtà ad avvicinare i due facendogli superare i pregiudizi ma soprattutto le differenze di ceto e di cultura.
Shirley aiuterà Lip a scrivere lettere di amore alla moglie, gli insegnerà la dignità e a non rispondere sempre con la violenza sgrezzandolo nei modi.
Lip invece insegnerà a Shirley a godersi un po’ di più la vita, a mangiare pollo fritto con le mani senza paura di sporcarsi e a suonare il nascente rock in squallide bettole.
Ne nascerà un’improbabile amicizia che durerà tutta una vita.
Farrelly stavolta ha abbandonato il politicamente scorretto che da sempre contraddistingue le sue commedie e quella sua irresistibile volgarità per confezionare una commedia classica che regala grasse risate grazie anche ad un’alchimia perfetta tra due attori in stato di grazia riuscendo ad affrontare il tema del razzismo con leggerezza e garbo. Il coronamento perfetto di questo film divertentissimo sarebbe l’Oscar per Mortensen, sarebbe bello se lo vincesse per questo rozzo pancione. Noi da parte nostra ci auguriamo che quando il film uscirà potrete vederlo in versione originale e godere del suo assurdo accento italoamericano.