Agli inizi degli anni 2000, Laurel Hester (qui interpretata da Julianne Moore), detective del New Jersey, incontra la donna della sua vita, Stacie Leigh Andree (Ellen Page). Le due sanciscono la loro unione come coppia di fatto, comprano casa insieme, prendono un cane e progettano il proprio futuro. Dopo anni di clandestinità Laurel trova anche il coraggio di dichiarare la propria omosessualità al partner di una vita, il poliziotto Dane Wells (Michael Shannon). Tutto sembrerebbe andare per il meglio sino al giorno in cui Laurel scopre di avere un tumore in stadio avanzato e che le resta poco da vivere. Da quel momento, con tutta sé stessa, lotterà affinché la sua compagna Stacie possa godere della reversibilità della pensione, condizione necessaria per ereditare l’abitazione in cui le due donne vivono.
I titoli di testa di Freeheld ci avvisano subito che la storia di Laurel, icona dei diritti civili negli USA, è vera; quelli di coda ci informano che il film è a sua volta tratto da un cortometraggio documentario che porta lo stesso titolo, girato nel 2007 da Cynthia Wade e vincitore di un Oscar.
Viene allora naturale chiedersi che senso abbia portare ancora un volta questa vicenda al cinema in un film di fiction.
La risposta probabilmente è nel nome della sua produttrice nonché interprete Ellen Page che nel 2014 dichiarò pubblicamente la propria omosessualità.
Appare chiaro allora come questo nuovo Freeheld altro non sia che un film di testimonianza, realizzato appositamente per far conoscere al maggior numero possibile di persone la storia di Laurel e Stacie in modo da sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema dei diritti della comunità GLBT.
Intendiamoci, non c’è nulla di male in simile nobile intento, anzi tutt’altro. In fondo anche Milk di Gis Van Sant era un’opera realizzata proprio con lo stesso scopo. Il punto è che in quel caso avevamo un grande autore che decideva di fare un film hollywoodiano per sostenere una causa, mentre qui c’è un onesto mestierante e nulla più.
Sollett si limita semplicemente ad illustrare la vicenda amalgamando al meglio gli elementi.
Sceglie il volto statuario di Michael Shannon per il ruolo di Dane Wells, vero collega di Laurel, bianco, protestante ed etero, fornendoci così un personaggio in cui anche chi è contrario all’estensione dei diritti civili possa identificarsi. È lui a pronunciare uno dei discorsi chiave del film quando dice ai rappresentanti della Contea che la soluzione scappatoia esiste, a lui basterebbe sposare Laurel e poi passare la pensione a Stacie ed il gioco sarebbe fatto; quello che la sua collega vuole però è che gli vengano riconosciuti gli stessi diritti dei suoi colleghi etero. Da bravi poliziotti i due pretendono che ancora una volta venga fatta giustizia. Il punto fondamentale è però un altro, Dane non esita nemmeno un minuto a schierarsi con la donna con la quale ha condiviso 23 anni di servizio, perché quella scelta comunque difficile, per lui è la cosa più naturale al mondo. In fondo si tratta semplicemente di continuare a fare il proprio dovere, coprire le spalle al proprio partner.
Anche la scelta di Steve Carrell nella parte di un attivista gay estroverso e sui generis appare perfettamente calcolata per stemperare i toni drammatici del film, mentre il grosso del film è affidato alle due interpreti, semplicemente perfette.
Per il resto, come spesso accade in simili pellicole (si pensi anche a Philadelphia), il regista punta tutto sui sentimenti.
Infatti è semplicemente impossibile non commuoversi durante la visione di Freeheld.
Sicuramente l’opera di Sollett non è altro che un buon film medio che di certo non farà la storia del cinema, ma l’intento non è questo.
Si tratta semplicemente di un film necessario, soprattutto in tempi di omofobia come questi e specialmente in paesi arretrati come il nostro.