Come in una favola, c’era una volta un piccolo film di animazione lettone che riuscì a vincere i Golden Globes battendo colossi come Disney e Pixar.

In un mondo privo di esseri umani un gatto conduce solitario la sua esistenza fino a quando un giorno l’acqua non comincia a salire ricoprendo tutto.

L’unica salvezza è una barchetta che diventerà una piccola Arca di Noé.

Flow è il secondo lungometraggio di Gints Zilbalodis che, dopo l’esordio solitario di Away, per la prima volta si è avvalso di più squadre di animatori.

Il budget è rimasto in ogni caso ridotto ma il regista è riuscito a fare di necessità virtù.

Il film è stato realizzato con Blender, un software open source disponibile a tutti e la resa finale ricorda i videogiochi di qualche decennio fa. 

Questo vuol dire che mentre le scenografie sono estremamente curate, i tratti dei protagonisti appaiono più rozzi e schematici.

La vera cifra stilistica di Flow, però, non è data solo dal tipo di animazione ma anche dal fatto che il film è privo di dialoghi.

A differenza dei normali cartoni animati, Zilbalodis umanizza i protagonisti della sua storia il meno possibile.

Certo gli animali di Flow sembrano saper pilotare il timone di una barca ed il gatto protagonista è un nuotatore eccezionale, ma per il resto i nostri eroi si comportano esattamente come farebbero in natura.

Tuttavia ognuno di loro ha un preciso carattere; abbiamo un labrador giocherellone, un serpentaro ribelle, un lemure cleptomane gelosissimo del suo tesoro ed un capibara pigro sino all’inverosimile.

Costretti in una piccola imbarcazione i cinque dapprima si guardano con sospetto, spaventati e rinchiusi ognuno nel proprio mondo.

Con il tempo però, l’esigenza di sopravvivere, ha il sopravvento e piano piano i nostri protagonisti imparano a fidarsi l’uno dell’altro, cominciano a collaborare sino a stabilire un vero e proprio rapporto fatto di amicizia e solidarietà.

Lo spettatore viene letteralmente trascinato in questa magnifica avventura e forse anche grazie all’assenza dei dialoghi si immedesima completamente nei protagonisti.

Flow è un vertice di emozioni nel quale ci ritroviamo spesso con il cuore in tumulto facendo il tifo per questa compagnia strampalata mentre sgraniamo gli occhi affascinati da una serie di ambientazioni una più bella dell’altra.

I momenti leggeri si alternano con l’azione più pura, si aprono parentesi drammatiche ed è presente persino il dolore della morta in un film dal messaggio forte e chiaro.

Solo collaborando insieme e superando le proprie differenze e le proprie diffidenze possiamo cavarcela.

Ora non resta che aspettare la notte degli Oscar facendo il tifo e sperando in un lieto finale, come si addice ad ogni favola che si rispetti.

EMILIANO BAGLIO