“…Sono passati quattordici anni dal periodo che ho trascorso in terapia di conversione nella comunità Love in Action….Quattordici anni non hanno cancellato del tutto il dolore ne il trauma, ma mi hanno permesso di prendere da essi una discreta distanza. Mio padre non è più il cattivo e io non sono più la vittima. I membri dello staff di Love in Action non recitano più il ruolo ovvio dei dittatori. Mia madre non è più semplicemente la moglie di un predicatore intrappolata tra due estremi impossibili. Le nostre storie sono diventate, come lo sono tutte le storie quando attentamente considerate, fin troppo umane…”.
Queste le parole di Gerrard Conley riportate nel pressbook di Boy erased, tratto dal suo libro autobiografico con il quale l’autore ha svelato all’America e al mondo quello che si nasconde dietro la cosiddetta “terapia di conversione”.
Grazie ai suoi articoli e al suo libro, Conley ha fatto sì che l’opinione pubblica conoscesse questa realtà e che venissero anche avviate inchieste giudiziarie che hanno portato a condanne, visto che in molte di queste strutture vengono reclusi, ovviamente contro la propria volontà, anche minori.
La riflessione dell’autore è anche la miglior chiave di lettura del bellissimo film firmato da Edgerton che, non si capisce bene, per quale motivo non sia stato selezionato per il concorso.
Al centro della vicenda c’è il giovane Jared (Lucas Hedges) alter ego del vero protagonista. Arrivato al college conosce Henry (Joe Alwyn) con il quale stringe un’amicizia che finisce in tragedia quando Henry lo violenta. Sentendosi minacciato Henry ricatta i genitori di Jared (interpretati da Russell Crowe e Nicole Kidman). Nessuno sembra voler ascoltare la versione di Jared ed è a quel punto che il ragazzo, stufo dell’atteggiamento della sua famiglia, dichiara la propria omosessualità. La famiglia però, essendo profondamente religiosa (il padre è un pastore), decide di mandare il figlio nella comunità Love in action affinché “guarisca” dall’omosessualità.
Questa struttura è un vero e proprio universo concentrazionario, come sottolinneano anche le scelte filmiche.
Edgerton fa muovere i propri personaggi in asettiche strutture di cemento, spoglie e geometriche
Gli ospiti indossano camicie bianche, l’unica ragazza ha un vestito che ricorda gli abiti visti anche in The handmaid’s tale, su tutto domina il grigio ed i colori sembrano completamente assenti da questa realtà.
Il filo spinato corre intorno alle case, apparentemente normali, dove vengono trattenuti tutti gli ospiti che si ritiene abbiano bisogno di trattamenti più lunghi ed è chiaro che le immagini vogliono richiamare alla mente le terribili baracche dei campi di concentramento nazisti.
Il regista è riuscito benissimo a creare un corrispettivo visivo del percorso di cancellazione della personalità messo in atto da Love in action.
A capo della struttura troviamo Victor Sykes (Joel Edgerton) aiutato da alcuni ex “pazienti” quali Brandon (Flea).
Il lavaggio del cervello al quale vengono sottoposte le vittime si basa su di un meccanismo perverso fatto di continue umiliazioni verbali e fisiche che porteranno alcuni pazienti sino alle estreme conseguenze mentre altri verranno completamente privati di ogni volontà come capita a Jon (Xavier Dolan).
L’aspetto però più interessante è il doppio binario sul quale si muove Victor che da una parte impedisce ai ragazzi di raccontare ai propri parenti cosa accade dentro la struttura, dall’altra opera affinché i suoi pazienti vengano messi contro le loro famiglie, indicate come l’origine dei loro mali.
Come dirà lo stesso protagonista è questo il mezzo attraverso il quale Action in love riesce ad estorcere denaro.
Eppure sarà proprio questa volontà di mettere i ragazzi contro le loro famiglie la molla che farà sì che Jared, grazie anche all’aiuto della madre, trovi la forza di ribellarsi a tutto questo.
È a questo punto che entra in gioco l’altro tema del film, ovvero il legame tra Jared ed i suoi genitori.
Come ricorda lo stesso Conley “…Quando Joel Edgerton, Lucas Hedges, e l'attore e co-produttore David Craig sono andati a vedere la casa della mia famiglia in Arkansas per delle ricerche iniziali per un possibile adattamento del mio memoriale, ho visto la mia prospettiva riflessa nel modo in cui questi estranei conversavano con estrema serietà coi miei genitori di religione battista. La mia storia - e la storia della mia famiglia - era stata presa sul serio. Basta con la satira e con le barzellette, non ci avrebbero più visti come il caso strano di una piccola città isolata…”.
Ed ancora “…“Voglio convincere tuo padre che quello che ha fatto è sbagliato", mi ha detto Joel mentre tornavamo in aeroporto. "E voglio farlo in una lingua che lui e altri come lui spero capiranno"…”.
Oggi Conley è un attivista  LGBTQ felicemente sposato con il suo compagno e che, come si vede dalle foto che chiudono la pellicola, con un ottimo rapporto con i genitori.
Ed anche Victor, dopo anni passati dentro Love in action è felicemente sposato. Anche lui con un uomo-