Recensione di   Emiliano Baglio Emiliano Baglio

Bellas Mariposas

(Film, 2012)

Caterina, detta Cate ha 11 anni, una marea di fratelli e di sorelle, un’amica del cuore Luna, un padre pezzemmerda, una madre che si barcamena come può per dare da mangiare a tutti e vive nella periferia degradata di Cagliari. È lei stessa a raccontarci la sua vita, in prima persona e rivolgendosi spesso alla macchina da presa come se parlasse con degli amici immaginari, forse quegli spettatori che trascinerà con sé nel suo mondo. Ma oggi, 3 agosto, per Cate sarà una giornata speciale perché Tonio, uno dei suoi tanti  fratelli, ha deciso di ammazzare Gigi il ragazzino di cui Cate è innamorata. Bellas mariposas, quarta pellicola di Salvatore Mereu ha tanti pregi e qualche piccolo difetto. Il primo pregio è quello dell’immedesimazione totale con Cate, col suo sguardo innocente e leggero che fa sì che lei e l’amica Luna attraversino una realtà fatta di degrado e squallore con la leggerezza di due “belle fafalline” (bellas mariposas in dialetto sardo). Il mondo che circonda queste due ragazzine sembra non offrire nulla, uno dei fratelli di Cate già si buca, la sorella Mandarina è rimasta incinta a 13 anni ed adesso fa la prostituta, la vicina di casa Samantha è stata praticamente violentata sul tetto del palazzo ed adesso tace lo scandalo masturbando chiunque glielo chieda compreso il padre di Cate ed anche quando Cate e Luna vanno al mare c’è sempre qualche adulto pronto ad offrirgli 30 euro per leccare un altro tipo di gelato. Cate però non si lascia scoraggiare da nulla e mantiene viva quella luce speciale nei suoi occhi e continua a sognare di fuggire facendo la cantante. Riesce a raccontarci tutto questo (ed il regista con lei) senza nessun compiacimento. Sembrerà assurdo leggendo la trama ma in Bellas Mariposas, a dispetto della materia trattata, non c’è mai pesantezza ed anzi si sorride spesso, soprattutto nella prima parte quando Cate ci porta a conoscere il microcosmo nel quale vive, dalla signora che le abita al piano di sopra e che sveglia tutti alle 3 del mattino per farsi portare il vaso da notte dal marito cornuto e mantenuto al fratello innamorato della bella bassista madre di Gigi, dalla fuga verso il mare nella cui quiete ci si può dimenticare del mondo circostante ai rapporti di affetto veri e profondi con i fratelli e con l’amica del cuore Luna, dalle smorfie della sorellina piccola alla pasta al sugo di menta che la madre prepara la sera perché è felice sino al padre che si chiude in bagno per vedere gli spogliarelli alla televisione. L’altro grande merito del film è la capacità di Mereu di raccontare una realtà dall’ampio respiro. Siamo nella provincia di Cagliari ma potremmo essere in una qualsiasi periferia di qualsiasi città europea e questo lo hanno capito bene gli stranieri, tant’è che il film dopo aver trionfato al Festival di Venezia e al Bari International Film Festival ha anche vinto il Big screen Award al Rotterdam International Film Festival del 2013 ed è stato regolarmente programmato nelle sale dei Paesi Bassi. Qui in Italia invece nessuno voleva distribuirlo e alla fine Mereu si è dovunto inventare distributore bussando porta a porta nei cinema sino a trovare alcune sale coraggiose che hanno deciso di programmare la pellicola. E stiamo parlando di un film che per il momento ha incassato più di 176 mila euro. Infine c’è l’incredibile capacità di Mereu di dirigere un cast di sconosciuti, con pochi attori protagonisti, a cominciare da Sara Podda (Cate) e Maya Mulas (Luna) semplicemente perfette e bravissime. Quello che convince meno è la seconda parte del film, quando finalmente tutti i fili si riannodano e la vicenda dovrebbe concludersi. Qui Mereu perde il dono della sintesi come se non riuscisse a staccarsi dai suoi personaggi che evidentemente ama troppo, si dilunga troppo nel narrare ogni più piccolo particolare perdendosi anche in quelle atmosfere surreali che avevano fatto la fortuna del suo primo lungometraggio (Ballo a tre passi, 2003). Si tratta comunque di piccoli difetti che non inficiano la qualità di un film che, ripetiamo, nonostante la storia cruda e drammatica, ha il sapore di una giornata di sole in riva al mare sardo con negli occhi quella luce piena di speranza che solo i bambini sanno avere. La stessa speranza che a fine giornata tiene abbracciate Cate e Luna anche se non sappiamo che fine faranno. Ci restano come consolazione le immagini durante i titoli di coda, con le ragazzine che finalmente entrano nello stabilimento balneare dei ricchi e con il ballo corale dei protagonisti, forse solo un sogno o forse ricordi di un set particolarmente felice.