Come sempre quello di Amelio è un cinema rigoroso che lascia parlare le storie e come in questo caso la Storia. Il privato, addirittura una storia d'amore si fa politica, senza mai concedere nulla al sentimentalismo anche perché ad essere sinceri il protagonista non fa nulla per risultare simpatico.

È la storia vera di un insegnante intellettuale apertamente omosessuale nell'Italia degli anni Sessanta che viene accusato di plagio ai danni di un suo giovane studente. Fu contestato il reato di plagio perché nel codice penale italiano, ancora di derivazione fascista, la parola omosessualità non era contemplata. All'epoca fu un caso che smosse l'opinione pubblica e visto oggi permette di comprendere quanti siano importanti i diritti.

Il signore delle formiche è un film fortemente politico che parte con una struttura classica, nonostante diversi sbalzi temporali, per chiudersi nella seconda parte in un'aula giudiziaria con un processo che diventa pretesto per i monologhi dei protagonisti. La cinepresa si fa sempre più statica, sempre più ferma sui protagonisti che sono fermi sulle loro posizioni.

Scritti molto bene i personaggi secondari a partire dal giornalista che si prende a cuore la causa interpretato da un insolitamente misurato Germano e la mamma orgogliosa e decisa che Amelio riprende nel suo uscire dal tribunale con grande dignità e forza. Forse la scena più riuscita del film. Molto bravi i protagonisti con un Lo Cascio ispirato e convincente e un giovane esordiente come Leonardo Maltese che travolge.

In concorso a Venezia e subito in sala Il Signore delle formiche è un bel film necessario e potente. Forse troppo classico, forse non troppo freddo, forse troppo cerebrale, ma da vedere perché amarlo non è difficile.