Partire dal corpo per raccontare l'anima. Da sempre il cinema di Cronenberg si poggia su questo dualismo. In questo Crimes of the future summa di tutte le sue opere precedenti, e come sempre opera non adatta ai deboli di stomaco e di cuore, si teorizza di un'umanità che non sente più il dolore fisico e per questo ama sperimentare sui corpi. 

Fantascienza che diventa filosofia e morale, alla ricerca di temi forti come il futuro dell'umanità intesa come popolazione, ma anche come sentimento. Uno sguardo a cosa potremmo diventare, o forse a cosa già siamo senza neppure accorgercene, che è spietato, inquietante e sconvolgente. Sempre necessario? Probabilmente in questo contesto si. 

Perché Cronenberg è un vero regista/chirurgo: con la macchina da presa e con la sceneggiatura affonda lo sguardo nell'animo umano. Crimes of the future è ipnotico nella sua stupenda fotografia color terra che rimanda al 'polvere eri e polvere ritornerai' nonostante ci si dibatta sin dalla nascita. Probabilmente in questo futuro più meccanico che virtuale c'è già qualcosa di superato e sbagliato nelle previsioni, ma è comunque un mondo che funziona e che cattura.

Cronenberg nel bene e nel male è ormai un senatore del cinema e forse la sua età traspare in questa sua ultima opera, nostalgica, crepuscolare e addirittura vintage. Questo però rende la pellicola affascinante agli occhi di chi non è più giovanissimo. Probabilmente il cinema moderno è oggi da un'altra parte, ma come non sperare di avere ancora film del genere?

Passato in concorso all'ultimo Festival di Cannes dove non ha raccolto nessun premio Crimes of the future resta un'opera non per tutti i palati, ma profondamente intelligente e drammaticamente interessante. Non si può restare indifferenti e questo non è poco anche se il sottotetto giallo fatica a ingranare. Da vedere.