Inizia con un bellissimo, teso, crudele e angosciante girotondo con la morte Campo di battaglia, l'ultima opera di Gianni Amelio, uno dei pochi grandi del nostro cinema contemporaneo. Un piano sequenza attorno ad un cumulo di morti che diventa speranza di vita... forse...
Da qui inizia il racconto della vittoria italiana della Prima Guerra Mondiale, una vittoria costata milioni di giovani vite e la sofferenza di popoli interi che quando la battaglia con il nemico volgeva al termine hanno dovuto combattere quella con la spagnola.
Il film vive di grandi scene madre: quella iniziale di cui ho scritto prima, la fucilazione del soldato pugliese, l'inseguimento del dottore da parte di chi vuole essere graziato. Momenti di grande cinema che non possono lasciare indifferenti.
Amelio però fatica a tenere queste scene unite tra loro. La sceneggiatura, che vive nel passato remoto riecheggiando il passato prossimo, non riesce sempre a tenere il livello necessario e, tra alcune ripetizioni di troppo e una parte finale faticosa, non si dimostra all'altezza della regia.
Borghi in salsa veneta non convince, ma Campo di battaglia, passato in concorso all'ultimo Festival di Venezia, resta comunque un'opera capace di porre domande. È uno di quei film che ci racconta senza forzature che il mondo non è mai solo bianco e nero ed essere dalla parte giusta non è mai facile, perché a volte è difficile anche solo sapere quale sia la parte giusta.