Da imposizione a piacere

Proprio quando ci si reca al cinema più per curiosità antropologica che per il valore atteso del film che scappa la sorpresa. È vero che si va a vedere un film di James Cameron, ma l'idea del film d'azione fantascientifico, amplificata anche dal primo episodio, è quello di un enorme dispendio di mezzi senza troppa anima. 

Con Avatar - La via dell'acqua, opera che si comprende benissimo anche senza ricordare il precedente, Cameron sembra davvero essersi giocato tutte le sue carte migliori e crea qualcosa che innegabilmente funziona, attrae e attacca alla poltrona. James Cameron e acqua sono un connubio indimenticabile per i cinefili e lui nell'ultima ora dimostra di non aver perso la mano con gli affondamenti.

Da un punto di vista visivo è un'opera ineccepibile, da fruire solamente in 3D e dove si resta meravigliati come bambini. Cameron riesce più volte a strappare un moto di stupore cosa xbe al giorno d'oggi, dopo aver visto di tutto su piccolo e grande schermo, è davvero un grande risultato. Perché Avatar è un grande spettacolo immersivo, un'opera visiva che non può lasciare indifferenti. 

La trama non è certo tra le più complesse, ma come ogni maestro del cinema sa, quando la saga si allunga sono sempre i complicati rapporti familiari, soprattutto padre e figlio, a funzionare e a fungere da motore narrativo. Tutto questo crea un gioco di specchi tra i due padri che conferisce a questo seguito quel piccolo spessore in più rispetto al capostipite e lo rende più interessante. 

Si aggiunga che nonostante la lunghezza monster di tre ore e venti difficilmente l'attenzione cala per chiudere un giudizio che non può che essere positivo. È solo intrattenimento, d'accordo, ma grande intrattenimento che merita attenzione e che giustamente si sta accaparanndo il titolo di salva-sale perché solo lì si può vedere. Diciamolo chiaramente Avatar - Le vie dell'acqua non può avere una fruizione accettabile e soddisfacente se non al cinema. Bisognerà farsene una ragione.