Recensione di   Beatrice Bianchini Beatrice Bianchini

Esterno notte

(Film, 2022)

ogni riferimento a persone esistenti o fatti realmente accaduti SAREBBE puramente casuale

A pensare male degli altri  si fa peccato ma spesso si indovina

( Giulio Andreotti)

Bellocchio inizia dalla fine proponendo un esito diverso dalla cronaca, per non dare adito a fraintendimenti. La sua ennesima proposta del rapimento Moro, questa volta è netta: se il parlamentare, statista professore di Diritto fosse stato rilasciato dalle brigate rosse si sarebbe dimesso dalla DC con un discorso chiaro e inequivocabile.

Due parti divise in tre punti di vista: quello politico pubblico, costellato da segreti, diffidenze, irresponsabilità, inadempienze più o meno volontarie e infide; quello familiare, sobrio, intimo, privato; quello delle brigate rosse con le scelte, gli eventi, le incomprensioni interne, il rapporto con il rapito, tra la criminalità dei tempi politici e rivoluzionari e il rispetto della dignità e della fede.

Lo spaccato dedicato al Papa, allora Paolo VI insieme alla figura della moglie di Moro attraverso la quale emergono in modo netto i profili e le responsabilità dei colleghi, amici/nemici/ indifferenti all’aspetto umano del caso, a vantaggio dell’ inconfessabile e inaccettabile apertura del parlamentare DC al 33% dell’elettorato comunista, sono inevitabilmente descrittivi di tutto quello che accadde in quei mesi  sebbene “ ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti” sarebbe “ puramente casuale”

Sei episodi per la tv, al cinema, prima parte dal 18 maggio, seconda dal 9 giugno 2022.

Una narrazione impeccabile di anni inquieti, laddove la strumentalizzazione dei fatti supera la criminalità degli stessi.

Il 16 marzo, proprio nel giorno dell’ insediamento di un governo sostenuto dal partito comunista  del  quale il presidente della DC era il principale fautore in nome di una democraticità cattolica presuntuosamente “ingenua”, viene rapito Aldo Moro e, dopo 50 giorni di prigionia, tra richieste, trattative e misfatti viene ucciso “ sebbene il gesto veramente rivoluzionario sarebbe stato liberarlo” almeno secondo la Faranda di Bellocchio.

Assiduo frequentatore delle pellicole del regista di Bobbio è il lettino dello psicanalista dove viene palesata la psicopatologia di Andreotti, la bipolarità di Cossiga e la notoria onestà di Zaccagnini, così da renderlo una figura capace di intendere ma non di potere.

Il simbolo del partito della democrazia cristiana vede nella locandina del film la croce ricoperta di rose rosso sangue e lo scudo fatto di rovi di spine. Basterebbe questo per individuare IL punto di vista ma l’invito a ripercorrere quegli anni nella pellicola di Bellocchio è imperativo e l’occasione imperdibile.

Chi non vuole far sapere una cosa, in fondo non deve confessarla neanche a se stesso, perché non bisogna mai lasciare tracce.

( Giulio Andreotti)