Recensione di   Beatrice Bianchini Beatrice Bianchini

Beyond The Wall

(Film, 2022)
Venezia 79
BEYOND THE WALL (Shab, Dakheli, Divar) (‘126)
di Vahid Jalilvand
con Navid Mohammadzadeh
 
 
Prima Scena: Ali tenta il suicidio, violentissimo, asfissiante.
L’edificio fatiscente nel quale si trova ne impedisce il compimento e per alcuni minuti l’uomo senza fiato sotto l’acqua cerca di respirare tra un rantolo e l’altro.
E’ cieco, vede solo ombre ma sente dei rumori. Nel suo appartamento si è nascosta una donna ricercata dalla polizia.
Leila, sotto stress ha continui attacchi di epilessia e scoperta dall’uomo gli rivela l’angoscia di aver perso il figlio malato durante una ribellione operaia condotta nel caos.
La sua unica colpa è quella di aver manifestato, di essere stata caricata dalla polizia e di essere fuggita in seguito ad un incidente mentre implorava di essere lasciata per andare a cercare il figlio.
L’edificio è circondato dalla polizia ma Alì vuole proteggerla.
Una serie di personaggi, investigatori, medici inducono Alì alla reticenza mentre continui flashback lasciano intravedere il dipanarsi di un labirinto narrativo e emotivo che la sceneggiatura riesce a districare abilmente.
“Una metafora concentrazionaria che non potrebbe essere più rappresentativa dell’Iran di oggi” così il direttore di Venezia 79 Alberto Barbera,  definisce Beyond the wall.
Il regista già noto alla kermesse lidense, si ripresenta con un film claustrofobico e adrenalico, dove il disagio rimane costante per tutti i 126 minuti di tensione estrema.
Un colpo estremo alla condizione iraniana, attraverso un gioiello registico e interpretativo indiscutibile.
L’interpretazione di Navid Mohammadzadeh, già premiato nella sezione Orizzonti insieme alla regia di Vahi Jalilvad nel 2017, conferma l’assoluto talento interpretativo dell’attore che meriterebbe quest’anno, la coppa Volpi.
Il film lascia incontrare una donna che non ha alcun diritto, e un uomo che qualche diritto potrebbe averlo; entrambi fragili, con grandi disabilità che si intersecano per caso attraverso uno sviluppo registico originale, che fa dubitare subito della coerenza cronologica, per costruire l’intreccio, confondere le carte e rivelare solo nel finale la soluzione.
Jalilvand si rifà ad un famoso poeta iraniano che parla della rinascita della speranza perduta:
 
Immagina che il mondo dorma e che nessuna lettera arrivi a destinazione,
 Immagina che alcuni siano lontani o non siano mai stati in alcun luogo,
Immagina che tolgano il pane dalla tavola e le parole da un libro, i fiori dagli alberi e il sorriso dalle nostre labbra,
 Cosa faranno ai nostri sogni?”.
 
E questo è stato l’inizio di Shab, Dakheli, Divar ( Beyond the Wall)