Il concept è superiore al primo, in un contesto dove una maledizione si trasmette come fosse in virus inserire l'aspetto della pop-star dunque l'idolatria, i social ha senso in quanto ne viene fuori un discorso sullo sguardo che immortala il momento, la morte. Certo tutto c'era già anche nel primo ma tramite la pop-star e dunque il pubblico la portata è ampliata cosi come il contesto sociale con la riflessione sulla società dei social.
Però il come Parker Finn non gestisce al meglio le atmosfere horror, troppi jump scare inseriti spesso in modo banale ed anche e quei sorrisi sui volti delle persone ammazzano l'atmosfera.
E' emblematica la scena dove c'è una figura in penombra ma poi Finn la mostra con il sorriso e fa correre l'individuo, l'impressione è che Finn non sappia gestire i tempi, alimentare l'attesa, non punta sugli overtake ma è tutto troppo ritmato.
Manca dunque il far salire la tensione, l'alimentare l'atmosfera, Finn già da subito mostra molto, la protagonista Skye subisce attacchi di continuo senza giocare sull'attendere la presenza, sul mostrarla all'inizio poco, suggerirla quindi il tutto risulta veloce e la velocità, spesso, è nemica della tensione.
Finn comunque è un regista che ha tecnica, muove benissimo la macchina da presa, sa utilizzare piano-sequenza e alcune trovate sono connesse alla narrazione del film, ad esempio i movimenti di macchina a capovolgere lo scenario dato che il contesto è tutto tra realtà e immaginazione.
Ci sono anche buone inquadrature costruite, il mostrare Skye riflessa tramite specchi mostra il suo animo dilaniato, i sensi di colpa, così come il dualismo nel finale tra l'attuale lei e il se del passato dove ha disintegrato se stessa e chi amava.
Naomi Scott è brava e regge bene il film però è proprio sul mostrare l'horror che Finn inciampa, i sorrisi non inquietano ma anzi spesso causano un trash involontario e la tensione scema drasticamente, così come la messa che seppur ben costruita viene spesso annientata dai troppi jump scare.
Il film altrimenti mostra anche le pressioni della pop-star, il trauma del passato e dunque la fragilità della protagonista Skye che ha paura di deludere tutti e di perdere tutto, quindi il rapporto difficile con la madre e con l'amica, in un film che per sua natura gioca tra realtà e finzione quindi dove la mente di Skye spesso non ha il controllo ed emergono le sue paure e debolezze, come quella di un tour da fare a tutti i costi con tutte le pressioni addosso.
E' anche vero però che non si esplora così tanto in più rispetto al primo film, anzi, non ci sono aggiunte ne novità sulle origini della maledizioni, sull'entità del , presunto, demone o mostro che sia così anche le dinamiche sono quasi le stesse con tanto di rimandi pressoché identici come la scena della telefonata con l'amica che è in realtà è la presenza del demone/mostro come nel primo film.
Semplicemente visto il contesto della pop-star e dunque il tour, il finale con l'ampio pubblico la situazione è più grande rispetto al primo ma la base rimane la stessa senza novità.
Di fatto è il concetto di fondo, i sorrisi creepy sulle persone a non risultare efficaci, dunque per valutare al meglio la tecnica di Parker Finn sarebbe da vedere in altri progetti ma di certo deve gestire meglio le atmosfere e i tempi horror, forse, come anche suggerisce tutto il piano-sequenza iniziale, è un regista più adatto all'action modello John Wick che agli horror di atmosfera, ma vedremo come continuerà la carriera, se migliorerà e quali progetti andrà incontro.
Certo è che questi due Smile non risultano ne riusciti ne convincenti, spesso si ha la sensazione che alcune scene e momenti siano mostrata quasi più per marketing, per diventare virali sui social che non per il valore del film in se. E se in un certo senso con questo secondo capitolo, vista anche la tematica dei social, ci potrebbe essere una connessione a riguardo è sempre il come viene gestito il tutto nelle componenti horror a non essere soddisfacente su tale aspetto.