Inquietante, glaciale, atmosferico, K. Kurosawa dirige un autentico capolavoro solla solitudine umana agli albori di Internet.
Il web per il regista non crea coesione, non crea vere connessione ma anzi distanzia, isola, rinchiude, imprigiona gli individui, ognuno nella propria stanza perciò invece che collegati sono in realtà distanti.
Magnifiche le inquadrature e le geometrie di Kurosawa, ogni inquadratura richiama la solitudine, i personaggi in scena sono spesso distanziati nel quadro e nello spazio, così come i rapporti tra i personaggi sono sempre visti e mostrati in modo freddo.
La fotografia è asciutta, cruda, Kurosawa come al suo solito lavora per sottrazioni, non mostra mai in eccesso. Dunque l'oscurità che pervade tutto il film, gli angolo bui, le ombre e le inquietantissime macchie.
L'uomo è un fantasma, le nuove tecnologie, gli schermi, Internet enfatizzano la solitudine umana e la perdita d'identità, non c'è scampo, la tristezza, la depressione pervade tutto il film dove gli individui si dissolvono in una richiesta d'aiuto perenne ma senza via d'uscita che mostra tutto il pessimismo di Kurosawa verso la società.
Come i pallino dello screensever, che raffigurano il mondo creando il parallelismo con i fantasmi, le persone, tramite Internet, non possono mai entrare in contatto, le palline dello screensever non si toccano mai e quando si avvicinano scompaiono, l'umanità ridotta alla mancanza di essenza, all'essere, per l'appunto, fantasmi.
Sequenze di terrore puro da far raggelare il sangue pervadono il film, non ci sono jump scare, non ci sono soluzione facili, Kurosawa crea un'intensità agghiacciante, rallenta i tempi e tramite overtake crea atmosfera e tensione in modo superlativo e inquietante a dismisura.
I fantasmi che appaiono in fondo alle inquadrature, al buio, inquadrati in modo perdurante, l'incedere, il dissolversi creando delle macchie, le sequenze d'orrore sono gestite in modo magistrale a raggelante, di fatto Kurosawa regala un trattato d'antologia sul come creare tensione tramite le atmosfere, tramite il cinema.
Noi, l'umanità, siamo i fantasmi, una verità terrificante come il film stesso.
Dunque le immagini distorte, i glitch, le inquadrature tramite i monitor dei pc, il vedere le altre persone, è tutto spettrale come la Tokyo stessa del film che sa risulta deserta e desolata come non mai.
L'apocalisse finale riprende i concetti già espressi in Charisma che in Kairo/Pulse raggiungono vette elevatissime, l'umanità è al totale collasso e la società è in crollo, tutto noi siamo fantasmi, il mondo dei vivi e dei morti collimano, sono la stessa cosa, le tecnologie risucchiano l'anima di in individuo sempre più solo anche se pensa di essere connesso agli altri ma che in realtà grida costantemente aiuto ma senza possibilità di salvezza per Kurosawa che dirige un vero capolavoro, un horror terrificante e inquietante in tutti i suoi aspetti.