Adoro Takashi Miike, è un folle, un genietto capace di girare qualsiasi cosa, horror, action, sci-fi, demenziale, sa mettere in scena un cinema sia violento che grottesco, ironico e pazzo affrontando generi più disparati.
Lumberjack the Monster non è chiaramente ne il suo film migliore ne è collocabile tra i migliori del regista ma sa risultare una visione piacevole e godibile.
Si è di fronte ad un thriller-giallo con sfumature di horror, non mancano gli sprazzi di violenza con gli schizzi di sangue e dove il film fa centro è sul mescolare bene e male in modo che le differenze non sia così dicotomiche.

La tematica del doppio perciò risulta portante e sono significative le scene che al loro interno mostrano tale concetto, come l'arancia tagliata a metà.

Anche la messa in scena, ben curata e la fotografia enfatizza questo aspetto in quanto si gioca spesso con il contrasto bianco-nero presente sia negli scenari, negli interni delle case ma anche nell'abbigliamento dei personaggi coinvolti nella vicenda.

Tutto questo perchè si è di fronte ad una storia dove il killer, colui che si traveste da lumberjack uccide gente psicopatica senza una morale, gente spudorata ma che a loro volta sono così per via di esperimenti fatti a loro da bambini, di cui sono ignari.

Anche allo stesso killer è stato impiantato il microchip che devia le funzionali mentali, così come al protagonista, i due sono infatti spietati ma la storia farà rompere loro il microchip in modo che avranno una morale e si vergogneranno delle precedenti azioni.

Il killer riuscirà solo ad uccidere gente terribile mentre il protagonista Akira avrà il dubbio morale se fari rimettere il microchip per tornare ad essere l'uomo senza scrupoli che ha avuto soldi e successo o se continuare nel percorso di equilibrio e moralità.

Nella narrazione c'è anche la parte poliziesca dove la profiler indaga sul killer ma anche su Akira che è collegato ai fatti.

Molto bello a livello scenico il confronto finale tra Akira e il killer con gli sfondi tendenti al blu e al verde che richiamano il gotico creando buone atmosfere.
Il finale risulta essere molto pessimista, Akira percorre la via della bontà, dell'empatia ma ciò provoca morte mentre invece prima quando era senza freni inibitori aveva successo, Miike dunque mostra tutto il suo pessimismo.

Molto bello anche il movimenti di macchina ad allontanarsi da Akira come segno della fine.

Film che non avrà la follia e i guizzi dei Miike migliori ma che risulta comunque piacevole da guardare, è ben diretto, non ha sbavature, volendo è abbastanza lineare ma gestendo il tutto in modo preciso senza cadute di stile.