Recensione di   Balkan Castevet Balkan Castevet

Creepy

(Film, 2016)

La razionalità dell'ex detective e professore accademico Takakura si scontra con l'irrazionalità e l'anarchia di Nagashino.
Kyishi Kurosawa racconta della crisi della società nel voler cercare di etichettare e schematizzare tutto, in primis i comportamenti umani, quindi l'illusione di avere sempre il controllo della situazione e della vita.

Nagashino, così come il primo killer, fuggono dagli schemi prefissato da Takakura, dei suoi studi accademici, l'uomo non si può etichettare, la vita non si schematizza perciò la razionalità così come la società, il modello famigliare basato su questo crolla.

Tornano le tematiche di Charisma del dualismo e della voglia di controllo dell'uomo, così come torna anche la ricerca dell'individuo di Cure che va oltre il ruolo sociale e l'esteriorità.

Takakura vive insieme alla moglie Yasuko e i dettagli del cane addestrato, della cura delle piante, mostra la ricerca di controllo sulla natura, la vita fatta di schemi così come il dettaglio dell'orologio a conformare la miss perfetta, sempre in in rigoroso abito, di del professore.

La messa in scena che dona Kurosawa è grandiosa.
La fotografia sa risultare molto cupa, c'è molto spazio anche per il verde che se da un latto è “tenuto a bada” dalle abitazioni delle famiglie borghesi dall'altro straborda, nella casa di Nagashino, è sempre una lotta, anche il verde, cioè la natura, cerca il suo spazio in contrasto con l'urbanizzazione.

Inquadrature geometriche e profondità di campo creano ambienti stranianti dove i personaggi si perdono, gli orizzonti diventano infiniti come a simboleggiare una ricerca già fallimentare per Takakura che non può vedere la verità, dunque piomba la solitudine, la freddezza nel rapporto tra marito e moglie ingabbiati nelle standardizzazione della vita borghese dove ognuno ha il suo ruolo preciso e preconfigurato.

Non mancano le scene inquietanti tipiche del cinema di Kurosawa, gli spazi e angoli bui, l'interno dell'abitazione di Nagashino rimanda agli scenari di Cure a questi spazi quasi corrosi.

Inoltre, gli interni dell'abitazione di Nagashino hanno trame labirintiche quasi a ricordare l'espressionismo tedesco a voler rimarcare il perdersi di Takakura, l'impossibilità di comprendere la mente della sua nemesi.

Film meraviglioso dove controllano le pre-configurazioni sociali e famigliari, sono paradossalmente gli schemi logici, le spiegazioni di Takakura a mostrare una pazzia ossessiva.

Kurosawa sa quando rallentare i tempi creando intensità e tensione, Yasuko che si addentra nella casa di Nagashino, i lunghi corridoi e quel finale ottimamente diretto, nel film ci sono movimenti di macchina, piano-sequenza sempre al servizio del film, mai fine a se stessi, quando Takakrua interroga la ragazza in piano-sequenza ad esempio c'è sempre intensità e tensione e progressivamente si mostra quasi la rabbia dell'ex detective che non riesce a comprendere la situazione secondo i sui calcoli.

Dunque Nagashino risulta impossibile da analizzare per Takakura, il finale è lo stesso sconfortante e mostra ancora una volta che le azioni di Nagashino non sono inquadrabile.
Tutto il film è composto da dualismi anche attraverso la spazio scenico con inquadrature spesso divise a metà.
Grandissimo film di un regista fantastico dotato di una poetica, di un'analisi a livello sociale-morale, fuori dal comune con una mano personale e ottima nel sapere quando creare tensione e inquietare ma anche nel mostrare rapporti personali e inter-personali freddi e traumatici.

Ottimo.