Il grande Kiyoshi Kurosawa mette in scena un film secco dalla fotografia asciutta che sa mostrare paesaggi naturali, il decadimento e le ombre che compongono il film e il cinema del regista.
Charisma parla di conflitti, di come l'umanità è sempre di fronte a delle scelte, a dei dubbi e all'istinti di prendere sempre una parte, di cercare una ragione da sposare e condividere.
Perciò la scelta se preferire una singolare speciale, l'albero Charisma, oppure l'intero bosco è un dubbio morale se preservare l'individuo o optare per il bene della collettività, se Charisma rimane vivo, il bosco muore.
Le diatribe sull'albero sfociano in scontri, utilizzo di armi da fuoco e ciò è un'allegoria stesse di come le divergenze dell'uomo sconfini poi nelle guerre e nella distruzione.
Bellissime le inquadrature che Kurosawa costruisce, molte volte il quadro è diviso a metà, i dualismi di vedute tra i vari personaggi, i differenti tagli di luce nella stesse inquadrature tra angoli più accesi e altri scuri e le molteplici ombre che avvolgono scenari, personaggi e tuto il film stesso.
Quelle che è emerge è un film cupissimo, contemplativo e pessimista sulla natura dell'uomo, sulla società pronta al collasso, la libertà sembra essere un'utopia, non si può sfuggire dal scegliere tra una fazione e l'altra, l'unico modo è forse il disinteresse totale che porta all'annichilimento dunque la parabola triste dell'agente di polizia Yubuike.
Il finale è emblematico con il protagonista che osserva la città, dunque il mondo urbano, la società totalmente al collasso e in preda a distruzione, scena che anticipa il capolavoro Kairo del regista.
Film meraviglioso, splendido, Kurosawa crea intensità, angoscia, sa lavorare per sottrazioni, senza spiegare troppo dando spazio alle grandiosi immagini e all'inquietudine.